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Channel: Toni's Pastries
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Classic Carrot Cake

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Il gusto di Londra, degli Stati Uniti, insomma di tutti quei posti a cui voglio bene - di quei dolci che rimettono a posto tutti i pezzetti del cuore tipo puzzle.

Ricetta della Williams-Sonoma: ma potrebbe essere qualsiasi, perché si tratta di un classico e il procedimento è più o meno sempre uguale. Negli Stati Uniti, dove questo è il birthday cake per eccellenza, qualcuno ci mette l'ananas, e questa è l'unica differenza - variante che non c'è pericolo di incontrare su queste pagine: secondo me ci sta malissimo.

Questa è la dose per 1 torta rotonda ad un solo strato da 25 cm. o una torta piccola (18 cm.) a due strati: nel qual caso, bisogna avere due stampi e cuocere le due parti separatamente.

Base
Carote grandi, 2
Farina 00, 125 g.
Lievito per dolci, 1 cucchiaino
Bicarbonato, 1 cucchiaino
Sale, 1/2 cucchiaino
Cannella, 1/2 cucchiaino
Macis (fiore di noce moscata, macinato), 1/8 di cucchiaino
Zucchero, 180 g.
Uova L, 2
Olio di semi, 150 ml.
Buccia grattugiata di mezza arancia
Uvetta ammorbidita in acqua calda e ben scolata, 40 g.
Noci o pecan, tostate e tritate grossolanamente, 60 g.

Crema
Formaggio fresco tipo Philadelphia, 250 g.; light va bene, allo yogurt pure, senza grassi no;
Cioccolato bianco, 30 g., fuso;
Vaniglia, estratto o semi
Zucchero a velo, un cucchiaio scarso
Un po' di succo d'arancia

Il procedimento è facilissimo come quello di quasi tutte le ricette angloamericane, se si supera il momento noioso del grattugiare le carote. Dovrebbero risultarne 250 grammi. Mettere da parte.
Setacciare insieme farina, lievito, bicarbonato, sale e tutti gli aromi.
In una ciotola mescolare zucchero, uova intere, olio e buccia d'arancia. Con la frusta a mano sbattere vigorosamente e aggiungere le carote. Passare alla spatola di gomma e incorporare gli ingredienti asciutti fino ad amalgamarli quasi del tutto. Dico quasi perché la torta di carote funziona col metodo dei muffins: niente zelo, o sarà gommosa, se restano tracce di farina o grumi va benissimo. Alla fine aggiungere l'uvetta e le noci. Versare nello stampo o negli stampi s cuocere a 180 gradi per 35-40 minuti controllando con lo stecchino. 
Lasciare raffreddare nello stampo per 15 minuti e poi capovolgere.

Per preparare la crema montare il formaggio cremoso con lo zucchero a velo a media velocità; versare piano piano il cioccolato fuso, il succo d'arancia e la vaniglia (in mancanza dell'estratto anche i semini). Utilizzare per farcire. 


Biscotto Lo Brutto (però proprio buono)

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Una volta a Palermo esistevano i biscotti Lo Bello, che erano tipologicamente affini ai Plasmon, quelli per bambini, e noi, pur usciti da un pezzo dalla fase biberon, ma sempre ragazzini, li "pucciavamo" nel latte. Lo Bello è un biscottificio che, apprendo oggi da Internet, si trova a Siracusa; ma siccome era anche il nome di un negozio di ferramenta del quartiere, noi immaginavamo fantasiosi spot pubblicitari che abbinassero alle confezioni un set di cacciavite o una chiave inglese in omaggio.
Non so se il "vero" biscotto Lo Bello sia ancora in commercio. Questi in ogni caso sono molto simili e li ho messi a punto a partire dall'indagine sugli ingredienti dei Plasmon confrontati con qualcuna delle ricette che, in giro, "si illudono" di riprodurli (e io no? forse; ma magari cerco di non omettere particolari da nulla, tipo la presenza o meno di uova... così che poi i lettori si ritrovano a fare cattivo sangue con impasti impossibili; quindi, se illusione dev'essere, seguite la mia...).
 Il problema si pone quando arriva il momento della formatura; non solo è noto al mondo che non ho la minima pazienza per creare i biscottini graziosini precisini tutti uguali e fotogenici, ma da un po' giro alla ricerca della forma oblunga, appunto, "à la Plasmon" senza successo. Quindi procedo in modo artigianale ed ecco perché nel mio personale archivio questi sono i biscotti Lo Brutto (comunque a Palermo anche questo è un cognome...)
Per una trentina di biscotti

  • Farina 0 , 140 g.
  • Amido di mais, 60 g.
  • Zucchero, 50 g.
  • Latte in polvere, 40 g.
  • Acqua, 50 g.
  • Burro morbido, 10 g.
  • Olio di mais, 20 g.
  • Un uovo M
  • Vaniglia, semi
  • Un pizzico di sale
  • Ammoniaca, 3 g.

Questi biscotti si possono realizzare anche con l'impastatrice se la farete lavorare a bassissima velocità, così da sviluppare meno glutine possibile. Si parte dalla miscela farina/amido/zucchero/latte in polvere/vaniglia e sale da intridere con il burro e l'olio. Aggiungere l'uovo sbattuto con l'acqua in cui si sarà sciolta l'ammoniaca. Mezz'ora di riposo coperto e poi si può stendere la pasta molto sottile, ritagliando i biscotti. Cuocere a 160 gradi per un quarto d'ora. 

Classic Sourdough Waffles (di Re Artù)

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Questa ricetta della King Arthur Flours utilizza il lievito madre idratato al 100% per produrre cialde, come ai tempi della corsa all'oro in California, quando, scrivono gli autori, "sourdough pancakes, biscuits, and bread were served to miners morning, noon, and night". Sono molto leggere, croccanti, si abbinano a qualsiasi tipo di accompagnamento. 

Con la stessa ricetta, dicono, si possono preparare anche pancakes, ma non vi so dire nulla perché non ci ho mai provato. 
Occhio ai tempi: il preimpasto va preparato la sera prima.
Base (per 8 cialde quadrate)


  • Farina 0, 120 g.
  • Zucchero, 15 g.
  • Buttermilk (latticello), 200 g.
  • Lievito madre non rinfrescato, idratato al 100 %, 120 g.

(questo vuol dire: se avete il lievito madre normalmente rinfrescato con uguale peso di farina e meta' peso di acqua, aggiungete acqua pari a 1/3 del peso del panetto e siamo a posto).
Mescolate tutto e andate a dormire. L'indomani mattina preparate le cialde:


  • tutto l'impasto base 
  • 1 uovo
  • olio di mais o burro fuso o miscela 1/2 e 1/2, 25 g.
  • sale ,1/2 cucchiaino scarso
  • bicarbonato, 1/2 cucchiaino

Cuocere sulla piastra calda e servire subito perché siano al massimo della correntezza. Altrimenti tenete le cialde pronte in forno tiepido fino al momento di servirle, cercando di non sovrapporle.
Metteteci su quello che volete... dall'immancabile sciroppo d'acero alla marmellata (qui more del mio cespuglio di fiducia)

Torta al rabarbaro e fragole... al Bacio

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...al Bacio perché in Germania per Baiser s'intende la meringa, e di meringata al rabarbaro si tratta, qui un classico da pasticceria con vecchiette intente al Kaffeeklatsch; mancandomi negli ultimi tempi la pazienza per fare molte cose tra cui le foto "fatte bene", il benevolo lettore vorrà fidarsi: è una squisitezza, soprattutto perché la base è molto soffice e per nulla asciutta come molte basi fatte di massa montata. Poi è una preparazione rapida e di sicura riuscita, previa la pazienza (che si diceva prima?) di montare bene gli albumi e fare attenzione a incorporare la farina nel modo giusto.

La ricetta base è per una torta da 26 cm. Non usatela per stampi più piccoli perché risulterebbe troppo alta, eventualmente riducete le dosi come vi dico sotto.

                            26 cm.                          22 cm.
Base
Rabarbaro          500 g.                          300 g.
Fragole              100 g.                           50 g.
Farina 00           150 g.                          100 g.
Amido di grano   75 g.                            50 g.
Lievito per dolci   1 1/2 c.no                    1 c.no
Margarina t.a.      100 g.                        70 g.
Burro t.a.              50 g.                              30 g. (oppure: 150 / 100 di margarina)
Zucchero           150 g.                          100 g.
Semi di vaniglia
Buccia di limone (una presa, non dev'essere dominante)
Tuorli  M                 3                                  2    e non buttate gli albumi!
Uova intere M         2                                  1


Copertura
Albumi                    3                                  2 (quelli di prima)
Zucchero             175                             120
Semi di vaniglia

Il rabarbaro non si deve pelare. Togliete le parti più dure e il resto lasciatelo come sta, tagliandolo a pezzetti di due tre cm. circa. Le fragole a quarti, o a metà se son piccine. 
Setacciate farina, amido e lievito. Montate burro, margarina e zucchero con la vaniglia a pomata molto spumosa. Incorporare uno alla volta i tuorli e le uova intere e poi la miscela di farine a cucchiaiate, a mano e senza "impastare" troppo, con la spatola. Versare nello stampo unto e infarinato e sistemare sopra i pezzetti di rabarbaro e di fragole. Non è necessario premere, se non per spargere ulteriormente l'impasto riempiendo bene lo stampo. Cuocere a 180 gradi per 40 minuti.

Dopo 40 minuti, magari non proprio al quarantesimo come nel calcio ma un po' prima, preparare la meringa montando gli albumi a neve e aggiungendo alla fine lo zucchero e la vaniglia. Tirare fuori il dolce dal forno e ricoprirlo, o con la bocchetta o anche col cucchiaio, entrambe le soluzioni sono esteticamente gradevolissime. Cuocere ancora per 20 minuti, ma la temperatura a questo punto può essere abbassata nel caso in cui la meringa dovesse scurirsi troppo. Deve restare abbastanza chiara, ma essere ovviamente cotta.

A piacere si può spolverare con zucchero a velo, ma non lo trovo necessario. Il dolce è già perfetto così e la dolcezza della meringa (ma anche dell'impasto) fanno da "contrappeso" al rabarbaro che si per sé è aspro. 



Soft Cookies al limone e lamponi

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Mi trovo in un momento in cui torna utile preparare cookies: perché sono facili, rapidi e non hanno bisogno di particolari doti artistiche per dar loro una forma, e quindi permettono di riempire facilmente la biscottiera senza perderci dietro giornate e nello stesso tempo con una certa soddisfazione. Da poco mi hanno regalato un sacco di limoni... e quindi quale migliore occasione per preparare questa variante, di eccezionale morbidezza. Malgrado la provenienza americanissima della ricetta, non sono di quelli che si appiccicano ai denti, ma nemmeno sembrano fette di torta: semplicemente si sciolgono in bocca. 
Non vi piace il limone? Secondo me si possono variare a piacere...
La fonte: Averie Cooks. Con questa ricetta vengono fuori esattamente 18 biscottoni.

  • Burro morbido: 120 g.
  • Formaggio fresco tipo Philadelphia: 60 g.
  • Zucchero: 180 g. + una bustina di zucchero con vaniglia
  • Uovo L: 1
  • Succo di un limone piccolo
  • Buccia del medesimo
  • Farina 0 (all purpose, #550): 250 g.
  • Amido, 2 cucchiaini
  • Bicarbonato, 1 cucchiaino
  • Sale, 1/2 cucchiaino
  • Lamponi secchi, 1 cucchiaio

Montare (3 minuti circa, media velocità) burro, cream cheese, e zucchero. Ripulire le pareti del recipiente, aggiungere l'uovo, la buccia ed il succo del limone e continuare a montare (2 min). Ripulire di nuovo e aggiungere (a bassa velocità' o a mano) la farina mista al sale e al bicarbonato, giusto per combinare: non mescolare o impastare o i biscotti saranno duri.
Refrigerare l'impasto per almeno un paio d'ore o anche per tutta la notte. Formare 18 palline, appiattirle leggermente e cuocere su carta forno a 175 gradi per 8 minuti, resistendo alla tentazione di continuare perché sembrano crudi: devono essere cotti ai bordi (ma non scuri) e ancora "crudigni" al centro: si rassodano nel raffreddarsi.
Volendo si possono glassare con zucchero a velo e succo di limone. Ovviamente potete omettere i lamponi, ed utilizzare dell'estratto di limone per un aroma ancora più pronunciato.


Pie di amarene e gelsi

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Evviva i gelsi! Anche quest'anno sono arrivati, e di tutti i colori: neri, bianchi, e viola, che poi sarebbero un misto abbastanza sorprendente perché al Sud non li avevo mai visti. tra l'altro ho decisamente rivalutato quelli bianchi, che prima consideravo insipidi: non è vero, possono essere molto saporiti.

Per iniziare la stagione niente di meglio del sour cherry and mulberry pie di americana memoria, tanto più che il gelso con l'amarena ci sta a meraviglia. Tutto misto: i gelsi che uso sono di tutti i colori, a seconda del bottino della scampagnata, e le amarene sono sia della varietà chiara che di quella scura. Le amarene chiare, che qui si chiamano curiosamente Glaskirschen cioè "ciliegie di vetro" hanno quel sapore tradizionalmente associato alla ciliegia nelle caramelle o nelle marmellate commerciali, e che invece la maggior parte delle ciliegie non hanno: recentissima scoperta dovuta all'averne da poco sciroppato un paio di barattoli.

La ricetta di questo dolce si basa sul Presidential Cherry Pie della King Arthur Flours.

Pasta brisée

Farina 0 (all purpose, #550): 250 g.
Sale: 1 cucchiaino
Margarina, molto fredda: 60 g.
Burro, molto freddo: 100 g. 
Acqua ghiacciata: da 120 a 140 g.

Preparate la pasta come spiegato qui (con dosi leggermente diverse, ma il principio resta quello).

Ripieno
Amarene fresche: 500 g.
Gelsi: 125 g.
Zucchero: 120 g.
Amido: 2 cucchiai

Mescolare la frutta con lo zucchero e l'amido, finché non i vedono più tracce bianche.

Stendere la pasta in due dischi uno più grande dell'altro. Foderare con questo il fondo e le pareti di uno stampo da pie (22 cm.) o di un normale stampo per torta. Versare il ripieno di frutta e chiudere con il secondo disco facendo un buchino decorativo per consentire al vapore di uscire.
Cuocere in forno caldo (200 gradi) per 40-45 minuti; la pasta dev'essere dorata e la frutta sobbollire, non ha importanza se un po' di sciroppo viene fuori. Il mio consiglio: iniziare la cottura sul ripiano medio-basso per permettere alla base di cuocersi bene intanto che la frutta e' ancora succosa. 
Lasciare raffreddare bene prima di servire accompagnato da gelato o salsa alla vaniglia. 
Questo dolce non soffre se conservato in frigorifero dopo il primo giorno: basta tirarlo fuori qualche ora prima.

Torta di fragole e pistacchio

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La selfie-torta. Inventata perché... preparo torte di compleanno per l'universo mondo ogni volta che ne ho l'occasione, e quando poi il compleanno in questione sarebbe il mio, niente? Malgrado un'antipatia per le ricorrenze di qualsiasi tipo, verissima, nota a tutti quelli che mi conoscono e impossibile da  da nascondere, serviva come scusa per un bel dolce di quelli complicati. 
Preparatelo con molte ore di anticipo e conservatelo al fresco perché ci guadagna tantissimo.

Punto di partenza e di arrivo:

  • 500 g. di fragole
  • Una bustina di gelatina
  • Liquore alla fragola di bosco
Base di frolla tenera al pistacchio:
  • 30 g. mandorle leggermente tostate
  • 20 g. pistacchi leggermente tostati
  • 100 g. farina 00 (#405)
  • 25 g. fecola di patate
  • 4 g. lievito per dolci
  • 65 g. zucchero
  • buccia grattugiata di limone
  • 80 g. burro
  • 1 uovo
Polverizzare le mandorle ed i pistacchi con un cucchiaio di farina e uno di zucchero per assorbirne l'olio (altrimenti si impastano).
Montare a crema burro e zucchero. Aggiungere l'uovo. la buccia di limone e la farina di mandorle e pistacchi, poi (rigorosamente a mano) la farina, senza impastare ma lavorando dal basso verso l'alto e "sabbiando". La pasta sarà morbida: pertanto, via in frigo per almeno 30 minuti, nei quali tanto non ci si annoia perché ci sarà da preparare il resto, e cioè la pasta di pistacchio e le creme...

Pasta di pistacchio stile Pierre Hermé: (monodose)
  • 20 g. di pistacchi non salati, sbucciati
  • 10 g. di zucchero
  • un cucchiaio scarso d'acqua
  • una goccia d'estratto di mandorle
  • un cucchiaio di olio dal sapore neutro (mais o girasole)
Tostare i pistacchi. Macinarli (proprio a polvere) con lo zucchero. Se si usa il mortaio, all'antica, lo zucchero dev'essere a velo; il mixer va meglio e si può usare anche lo zucchero granulato. Aggiungere l'estratto di mandorle, l'acqua e l'olio e emulsionare bene. Attenzione all'estratto: valutare la possibilità di aggiungere un'altra goccia, ma iniziare con cautela perché serve ad accentuare e non a coprire il gusto del pistacchio.
La pasta la definisco "stile" Pierre H. perché non la preparo a partire da un misto di mandorle e pistacchi (utile, secondo me, solo a tagliare i costi - è il business, bellezza).

Crema base:
  • 350 ml. latte
  • 2 tuorli d'uovo
  • 40 g. amido
  • 65 g. zucchero
  • Vaniglia (semi o una bustina di zucchero con vaniglia)
Inoltre: Sciroppo (caldo) preparato con
  • Succo di un limone (50-80 ml.)
  • Buccia del medesimo
  • 10 g. zucchero
  • 60 ml. acqua

Si prepara una normale crema pasticcera: mentre il latte caldo sta in infusione con la vaniglia, lavorare uova e zucchero (montare non è necessario, amalgamare bene sì, pena il rischio uovo strapazzato); aggiungere l'amido, un po' di latte caldo per diluire ed evitare grumi, e poi lasciare addensare. Il metodo Montersino in questi casi non va bene: la crema si addensa troppo rapidamente e si possono formare grumi, che poi vanno eliminati col setaccio, e facciamo notte.

Allontanare dal fornello. Prelevare un terzo della crema e aggiungervi la pasta di pistacchi. Mettere da parte. 

Alla crema rimasta incorporare lo sciroppo di limone (dopo aver tolto la buccia). Lasciare raffreddare.

Montaggio del monumento:
Foderare con la pasta frolla uno stampo da 22 cm. (pareti e bordi): la base sarà spessa, e il piacere sta proprio qui. Coprire con carta d'alluminio e pesetti e cuocere a 180 gradi per 25 minuti. A questo punto l'alluminio potrà essere sollevato: se la pasta si è asciugata tirare fuori, altrimenti lasciare ancora per 5-10 minuti (controllando: non deve seccarsi).
Lasciare raffreddare e spruzzare con un po' di liquore alla fragola di bosco.
Stendere uno strato di crema di pistacchio. Ricoprire con quella di limone e disporre sopra le fragole tagliate a quarti.
Preparare una gelatina secondo le istruzioni, ma a partire da una miscela 1:2 di liquore e acqua. Lucidare la torta e guarnire con pistacchi. 





Lemon curd di Ina Garten

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Ina Rosenberg Garten è una cuoca americana nota come The Barefoot Contessa. La sua è tra le ricette più comode per realizzare il lemon curd anche in piccole quantità ed utilizzando uova intere (Martha Stewart o la ricetta della Williams-Sonoma usano per esempio solo i tuorli, e pazienza dover utilizzare gli albumi in qualche modo - al massimo, frittata), ma resta quel tal sentore che nemmeno il limone riesce a mascherare... 
Per un barattolino come quello della foto più uno piccino (ca. 250 g.):
  • 3 limoni piccoli o 2 grossi (per un totale di circa 80 ml. di succo)
  • 130 g. zucchero
  • 60 g. burro a t.a.
  • 2  uova
  • un pizzico di sale

Grattugiare la buccia dei limoni (solo la parte gialla) e passarla al mixer con lo zucchero. 
Lavorare a crema il burro con questa miscela. Incorporare le uova, una alla volta, il succo di limone  (filtrato) ed il sale. Se la miscela "fiocca", niente paura. Queste operazioni si possono fare direttamente nel tegame in cui il lemon curd deve cuocere.
Riscaldare a calore moderato fino a quando la miscela prima diventa bene omogenea, e poi si addensa. Ci vorranno circa dieci minuti, la temperatura giusta dev'essere intorno ai 75 gradi. Mescolare in continuazione con la frusta per evitare i grumi. Lasciare intiepidire, versare nei barattoli e refrigerare. 
La crema si conserva in frigo per tre-quattro giorni.  


Tarte renversée di albicocche

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Una cosina svelta e di una certa finezza che non vi farà sfigurare con gli ospiti, se avrete la pazienza di cercare le albicocche giuste: sode e saporite. Il caramello bilancia l'asprigno dei frutti, rosmarino e lavanda ci mettono il je ne sai quoi finale. 

Base (da preparare anche il giorno prima):
  • Burro freddo, 100 g.
  • Zucchero a velo, 40 g.
  • Farina 00 (#405), 200 g.
  • Uovo M, 1
  • Un pizzico di sale.
Impastare una frolla e mettere al fresco per almeno mezz'ora.

Nel frattempo preparare uno stampo non apribile da 22 o anche 24 cm., che possa andare sul fornello.  Predisporre
  • Zucchero semolato, 80 g.
  • Burro, 5 g.
  • Succo di limone, 2 cucchiai
  • Albicocche snocciolate e tagliate a metà, da 500 g. (stampo 22) a 700 g. (stampo 24).
Mettere lo zucchero nello stampo e fare sciogliere (con pazienza) sul fornello. Quando inizia a formarsi il caramello girare leggermente lo stampo in modo da coinvolgere tutti i cristalli. Solo dopo che la maggior parte si sarà sciolta si può iniziare a mescolare col cucchiaio di legno, altrimenti si cristallizza; a questo punto aggiungere il burro a pezzetti e il succo di limone. Ecco pronto il caramello.
Deporre sul caramello le mezze albicocche, molto vicine l'una all'altra e con la parte tonda all'insù. Stendere la pasta frolla in un disco un po' più grande dello stampo e coprire, spingendo i bordi all'interno e cercando di fare uscire l'aria il più possibile. Nello stesso tempo non "ammassare" tutta la pasta nella zona dei bordi, altrimenti potrebbe non cuocersi perfettamente.
Cuocere a 200 gradi per 30 minuti e controllare comunque che sia ben dorata (vedi sopra). 
Lasciare nello stampo due minuti due prima di sformare: non di meno (pena caramello che cola dappertutto, incluse mani dell'operatore con conseguente bruciatura, albicocche che si sparpagliano ai quattro venti e altre scene tragicomiche) e non di più (altrimenti caramello e frutta restano attaccati allo stampo). Spargere sopra aghi di rosmarino e semini di lavanda e decorare con pistacchi. Servire con crème fraîche o panna montata non zuccherata, aromatizzata con semi di vaniglia.

Streuselkuchen all'uva spina

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Un classico che di questi tempi spopola qui nel Brandeburgo... Scegliete l'uva spina rossa: è più saporita e meno aspra.

Base (stampo rettangolare tipo pizza)

  • Una dose di pasta per gâteau brioché universale di Sonia Ezgulian (vi dico tutto qui)
Copertura:
  • 1 chilo di uva spina, ripulita (togliere gli steli e quel che ne resta);
  • 80 g. di zucchero
  • un cucchiaio di amido di grano
  • 160 g. di farina 00 (#405)
  • 80 g. di burro
  • 80 g. di zucchero
  • 40 g. di pistacchi macinati a farina
  • qualche goccia di olio di mandorla amara (partire da 3)
Mescolare l'uva spina con lo zucchero e l'amido e spargerla sulla pasta dopo la seconda lievitazione (che avviene nello stampo). Con il resto degli ingredienti preparare un impasto a briciole e spargerle sulla frutta. Cuocere a 180 gradi per 25 minuti e servire freddo, da solo o con la panna.

Jalousie di brioche ai gelsi e lemon curd

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Ovvero un altro di quei dolci da picnic con cui sfamate un esercito... e poi vi dite: peccato non ne sia rimasto più.

Base: 
  • Una dose di pasta per gâteau brioché universale (ricetta qui)

Inoltre: 
  • Una dose di pâte brisée preparata come vi spiego qui (riferirsi alle quantità per base e grata); da preparare il giorno prima o da lasciare in frigo per almeno due ore
  • 600 g. di confettura di gelsi neri
  • 250 g. di lemon curd
Stendere la pasta nello stampo rettangolare da pizza e lasciare terminare la seconda lievitazione. Procedere come per una normale crostata spalmando per prima cosa la marmellata di gelsi. Durante questa operazione lasciate qualche "buco" qua e là, che poi andrà riempito con cucchiai di lemon curd.
Tirare fuori dal frigo la pasta brisée e stenderla in un rettangolo. Incidere a tratti alternati per creare una rete e stenderla sul dolce allargandola piano piano: si ottiene la jalousie. 
Cuocere a 180 gradi per 25/30 minuti.

La crema catalana

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Sono stata recentemente a Barcelona. Ci andavo in congresso, e dell'apprendimento scientifico ha fatto parte anche un'imprevista scoperta: quello di crema catalana non è un concetto generale... e finora avevo chiamato sempre con questo nome qualcosa che non c'entra, e cioè la variante francese: questa.
E invece no: la crème brûlée si fa con la panna, e quella catalana, la crema cremada de Sant Josep, non sarebbe che un budino, normale che più non si può, con il latte; ma aromatizzata alla cannella.
Mica male, e non solo perché è così buona, ma anche perché la brûlée, dati gli ingredienti - e precisamente il rapporto panna-uova - al momento della preparazione fa venire una sensazione, come dire, d'imbarazzo; come ad esser sorpresi seduti al gabinetto, o con le mani nella marmellata, per dirla più elegante; il che non vuol dire che non la prepari lo stesso, perché chi se ne frega. 
Ma la versione catalana come alternativa resta uno schianto. La foto no, ma sopravviviamo lo stesso.

Per andare sul sicuro uso la ricetta di Mariona Quadrada, col video (qui). Con questa ricetta riescono 4 porzioni, Mariona nel video ne prepara la metà.

  • 500 ml. latte intero
  • 4 tuorli d'uovo
  • 4 cucchiai (80 g.) di zucchero
  • 2 cucchiai colmi di amido di mais (30 g.)
  • buccia di un limone, solo la parte gialla
  • due stecche di cannella.
Mettere il latte in infusione con la buccia del limone e la cannella.
Mentre si intiepidisce, mescolare i tuorli prima solo con lo zucchero e poi con l'amido: basta il cucchiaio di legno. Versarci sopra il latte (mai al contrario), ovviamente dopo avere tolto gli aromi.
Mettere sul fornello e fare addensare mescolando costantemente, a calore basso. Quando prende consistenza spegnere e allontanare dal fornello: non deve mai bollire. Lasciare raffreddare e mettere in frigo. Solo al momento di servire cospargere di zucchero e caramellare sotto al grill o con l'apposita torcia (a farlo troppo in anticipo, il caramello si scioglie!)


Havreflarn (dalla Svezia, il biscotto dell'Ikea!)

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I biscotti svedesi all'avena, cugini - senza voler offenderli col paragone - di quelli che vendono all'Ikea. Brutti come l'Ikea stessa e tutta la roba che ci vendono; in compenso, a differenza dei miei mobili di casa a cui mi rivolgo sempre nel pensiero con la promessa "io prima o poi ti butto, garantito" la loro qualità non è un problema: anzi, attenti perché danno dipendenza. Tra l'altro sono molto semplici e rapidi da preparare, a condizione di badare ad alcuni accorgimenti al momento di metterli in forno. 
Utilizzando una farina speciale al posto dei 40 grammi previsti, possono essere realizzati anche senza glutine.

Per circa 30 pezzi:

  • 140 g. di fiocchi d'avena teneri
  • 100 g. di burro fuso, intiepidito
  • 140 g. di zucchero
  • 40 g. di farina 00
  • 20 g. di amido per dolci
  • Un cucchiaino di lievito per dolci
  • Un uovo M
  • Una piccola presa di cannella (la punta di un coltello)
  • Semi di vaniglia
La cannella deve esserci ma non deve risultare dominante. In associazione con l'avena darà un profumo che, chissà perché, a me ricorda quello del cocco. I fiocchi, a loro volta, devono essere di quelli fini, non extra teneri (per intenderci, quelli che si sciolgono quasi completamente nel latte), ma nemmeno quelli grandi che non farebbero abbastanza massa. Per questi biscotti, che non hanno molto "corpo", è indispensabile un compromesso tra ingredienti fluidi e cereale.
Detto questo, i fiocchi vanno mescolarti col burro fuso in modo da rivestirli bene. Da qui dipende la croccantezza del biscotto. A parte si monta l'uovo con lo zucchero, la vaniglia e la cannella. Una volta ottenuta la solita massa densa che "scrive", si aggiungono, alternandoli, la miscela di farina, amido e lievito e i fiocchi d'avena.

Fatto: finito.
I biscotti si cuociono in forno caldo a 175 gradi, porzionandoli con un cucchiaino sulla teglia rivestita di cartaforno. I punti critici sono: i mucchietti d'impasto non devono essere troppo grandi (il cucchiaino colmo basta) e devono essere ben distanziati, altrimenti vi finisce come a me la prima volta (maxibiscotto "onnicomprensivo" risultante dalla fraterna unione di quasi tutti gli altri e cattivo sangue per separarli spezzando il tutto in forme bislacche). 7-10 cm. di distanza tra un biscotto e l'altro sono l'ideale: si allargheranno davvero molto.
Sono pronti quando sono coloriti sul bordo e il centro, nonostante sia chiaro, non ha più l'aspetto "luccicante" dell'impasto umido. Devono raffreddarsi sulla teglia stessa, altrimenti sarà difficilissimo prelevarli. Una volta freddi si staccheranno da soli molto facilmente e a quel punto parte la lotta con se stessi, perché, con quest'aspetto fessacchiotto, sembrano drogati, non riuscirete a smettere.
In Svezia usano anche spennellarli da un lato con cioccolato al latte o fondente.

Sobaos pasiegos con pasta madre

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La Valle del Pas si trova in Spagna e precisamente in Cantabria. Io non saprei nemmeno che esiste se non avessi scoperto queste merendine che lì sono tradizionali. Ci sono arrivata tramite Miriam Garcia (El invitado de inverno) a cui devo la ricetta e tutte le notizie. In linea di principio si tratta di un impasto soffice da ciambella e i dolcetti, dalla caratteristica forma rettangolare, sono perfetti al posto della classica merendina confezionata. La particolarità è che profumano molto di burro, perché è un prodotto tipico della zona e per questo deve essere di ottima qualità, possibilmente quello francese o quello di malga. Se uno proprio non lo sopporta, è intollerante o vuol vivere felice, come alcuni che conosco io, nell'illusione che "sai, con la margarina è più leggero" ovviamente può sostituirlo, ma il risultato sarà diverso. 
I sobaos in origine si facevano a partire dalla pasta di pane e si chiamano in questo modo perché, per l'appunto, essa si sobaba - si "maneggiava", si "impastava" con una serie di altra roba. Pare che inizialmente si aggiungessero solo burro e zucchero, e poi, in tempi più recenti, anche uova e aromi. La versione moderna, poi, è fatta con il lievito per dolci e non è molto diversa dalla torta margherita classica, almeno così pare a me.

A me i sobaos tornano utilissimi perché posso fare intervenire il fedele Frankenstein e prepararli con la pasta madre come spiega benissimo Miriam. Provate e il problema del riciclo non sarà più un problema! La pasta madre ha qui una funzione come quella dello yogurt nella torta dei sette vasetti o come altro si chiama. Non si sente per nulla alcun sapore di acido.

Impasto sufficiente per 8 pezzi ca. 7x5cm.
  • 250 g. di pasta madre al 65% di idratazione
  • 140 g. di zucchero
  • 1 uovo 
  • 125 g. di burro a pomata
  • 4 g di lievito per dolci 
  • Buccia grattugiata di mezzo limone
  • Anice, se piace (nella ricetta originale ci vuole)


Per prima cosa si preparano gli stampini utilizzando della carta forno. Se mi metto a spiegarlo domani mattina siamo ancora qua. Meglio vederlo direttamente in questo video; in realtà è facilissimo.


Si impasta la pasta madre matura con gli altri ingredienti secondo questo ordine: a. zucchero, buccia di limone, b. lievito, c. burro, d.uovo; l'impasto dev'essere fluido abbastanza da essere versato agevolmente negli stampini.
Nel video l'impasto si fa esclusivamente con le mani. A me non piace, o almeno non in tutte le fasi. Utilizzando uno sbattitore al momento dell'aggiunta dell'uovo l'impasto incamera più aria e poi diventa molto più soffice (risultato comprovato dopo diversi esperimenti).

Accorgimenti essenziali per evitare arrabbiature:
- Burro: più morbido è e meglio ci troveremo: sarà più facile incorporarlo, non resteranno pezzetti e impedirà che si sviluppi glutine (pena impasto duro e denso).
- Burro 2: non utilizzare quello più commerciale, perché il sapore ne risente, e tanto meno quello light. 
- Stampini: utilizzare due strati di carta forno perché altrimenti si possono squacquerare, e non arrivare proprio all'orlo nel riempirli (diciamo poco dopo la metà va bene).
- Stampini 2: se uno proprio non ha voglia di farli può utilizzare uno stampo rettangolare o quadrato, ma non più grande di 18-20 cm., altrimenti bisogna raddoppiare le dosi. 
- Stampini 3: collocarli uno vicino all'altro perché in questo modo mantengono meglio la forma.

Cuocere 20-25 minuti a 170 gradi.
Si mangiano nature. L'idea di farcirli con marmellata e presentarli tipo Kinder Brioss o in forma di petit four a tre strati è venuta a me, in Spagna non esiste, ma mi piace tanto che la suggerisco senz'altro. In questo caso meglio una marmellata dal sapore non troppo tiranno.



La crema peruviana che non c'entrava niente col Perù

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Attente anime sensibili e asceti: Questa crema è da paura!
Perché la chiamino crème peruvienne, io non lo so; è tradizionale in Francia, e a me arriva dal ricettario-culto La bonne cuisine de madame Saint-Ange tramite Marie-Claire Fréderic (Du miel et du sel). Secondo lei, si tratta di un fenomeno un po' come quello che ha dato il nome all'insalata russa e alla salsa olandese, va' a sapere quale.
In ogni caso, ripeto, si tratta di un budino che quasi, a chiamarlo tale, sembra di offenderlo.

Il sapore risulta dalla combinazione di tre elementi: cioccolato, caffè e caramello. Più la vaniglia. Vi basta?

Le dosi sono per 4 budini piccoli, calcolate a partire dal peso delle uova utilizzando uova L. Accanto riporto quelle di Madame Saint-Ange, che servono per dosi da caserma (10 budini) 

  • 350 g. di latte                                                                                       (800 g.)
  • 45 g. di zucchero                                                                                  (100 g.)
  • 60 g. di cioccolato fondente al 70% (consiglio: Valrhona Caraibe al 66%)    (150 g.)
  • 2 tuorli L                                                                                              (6 M)
  • 1 uovo intero L                                                                                     (1 M)
  • 1 cucchiaio di caffè                                                                              (2 cucchiai)
  • Semi di vaniglia (meglio quella di Tahiti).                                          (idem)
  • Un pizzico di sale                                                                                (idem)
1. Riscaldare il latte con la vaniglia e il caffè. Per fare questa operazione si può utilizzare un infusore per il tè. 
2. Nel frattempo preparare con lo zucchero un caramello a secco senza lasciarlo scurire troppo altrimenti diventa amaro.
3. Quando il caramello ha un bel colore ambrato, e naturalmente anche il profumo "da caramello", si aggiunge piano il latte profumato, e occhio agli schizzi. Si continua a mescolare fino a quando il caramello si scioglie completamente (questo perché a seconda della differenza di temperatura esso si solidifica a contatto col liquido).
4. Si scioglie il cioccolato con una cucchiaiata di latte, e lo si aggiunge alla miscela precedente, anche qui facendolo sciogliere per bene.
5. Per ultimo si aggiungono i tuorli e l'uovo sbattuti, amalgamandoli bene. 

Il composto va distribuito in quattro stampini o petits post e cotto a bagnomaria a 110 gradi, per un tempo di almeno 30 minuti (se di più, dipende dal forno e dalla temperatura iniziale dell'acqua). Dopo 30 minuti comunque controllare: la superficie dev'essere ferma ma ancora tremolante. Spegnere e lasciare ancora 15 minuti nel forno, poi tirare fuori, lasciare intiepidire e mettere in frigo per almeno due ore.

Crème caramel

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Questa mancava, non capisco perché, ma mi era completamente sfuggito di ricopiare qui la ricetta, e dire che non è mica la prima volta che preparo crème caramel. Perché bisogna sapere che ogni anno, al ritorno dalle vacanze estive (leggi: dalle follie a base di dolci greci belli sciropposi comme il faut, ma che lasciano l'unghiata) parte la tremenda missione ritorno in forma, e inizia pertanto l'Era del Budino.
Ora, non che la crème caramel sia esattamente il trionfo dell'ascetismo, ma rispetto ad altra roba almeno permette di controllare le porzioni - una a me, una a Herr Doktor-Doktor, e quando è finito non ce n'è più... sorry. Cosa che in presenza di dolci "a fette" vi assicuro che è molto, ma molto difficile.
La crème caramel non è complicatissima, solo che va cotta in forno a bagnomaria, va preparata la sera prima, e guai a metterci amido o altre scorciatoie così. Inoltre ci vuole il latte giusto: intero, e non si scherza. Sul quantitativo di uova ognuno può dir la sua - ci sono ricette in cui il tuorlo la fa da padrone, ma, se troppo magari infastidisce, troppo poco poi trasforma il risultato in qualcosa che, come diceva Eduardo de Filippo del ragù, uno 's 'o mmagna pe' ss'o mangià, ma di comune all'originale ha solo il nome.

Come la faccio io? con il metodo di Madame Saint-Ange (che una volta o l'altra io questo libro lo becco!) e le dosi di Mary Berry (qui; a parte quelle dello zucchero che credo siano un errore di stampa: la prima volta, ne ricavai un'arrabbiatura bestiale).
Il metodo di Madame Saint-Ange, descritto nel libro-culto del 1927, è quello di fare ridurre il latte in modo da condensarlo leggermente. Serviva per ottenere un liquido più ricco e cremoso, e per questo motivo serve assolutamente il latte intero. Chi vuole fare il virtuoso vada direttamente a comprarsi il vasetto Da** o il preparato Ca*** e poi però sono fatti suoi.
Quindi: Punto di partenza, per 4 budini,
  • 1 litro di latte intero.
Mettere in un tegame con una bella bacca di vaniglia incisa longitudinalmente, e i relativi semi dopo averli raschiati via. Portare a bollore, abbassare la fiamma e lasciare sobbollire fino a ottenere 600 ml. di liquido.
Quanto ci vuole non lo so, dipende dalla temperatura e bisogna fermarsi un po' prima (a 630 circa) perché, raffreddandosi, evaporerà ancora un poco. Vi consiglio di pesare il liquido dopo la prima mezz'ora. L'importante è non dimenticarsi di mescolarlo, perché si formi meno pellicola possibile - è il momento di essere completamente asociali e disconnettersi da telefoni e altre situazioni pericolose.

Ottenuto il latte evaporato home-made e mentre questo si intiepidisce, si prepara il caramello a secco, e per questo scopo servono
  • 150 g. di zucchero
e occhio di lince. La preparazione del caramello a secco è un metodo che sembra difficile ed in realtà è molto più semplice che quello con l'acqua, o almeno così pare a me. Messo in un tegame a fondo largo, in uno strato sottile, lo zucchero inizierà a sciogliersi da solo e basterà inclinare il tegame perché la cosa avvenga in modo uniforme. L'occhio di lince serve per capire quando è pronto: il colore deve essere ambrato scuro, ma non troppo perché altrimenti diventa amaro. Eventualmente può essere il caso di tenere una bacinella d'acqua fredda pronta per bagnare il fondo del tegame ed interrompere la cottura, se il processo si rivelasse troppo rapido.

Appena il caramello è pronto, suddividerlo in quattro stampini. 
Dopo di che, si mette mano al budino. Riscaldare il forno a 120 gradi. Mescolare
  • 4 uova L
  • 70 g. di zucchero
e versarvi sopra il latte tiepido attraverso un colino (questo permette di riacchiappare eventuali tracce di "pellicina". Amalgamare bene, ma proprio bene, con la frusta a mano e filtrare ancora una volta. Versare negli stampini con il caramello e collocarli in una teglia a bordi alti. 
Riempire la teglia di acqua bollente fino a metà altezza degli stampini. Cuocere 20-30 minuti, finché la crema si è solidificata ma al centro è ancora tremolante. Occhio! Per una riuscita come si deve, non deve bollire, mai: controllare che non si formino bolle in superficie.
Lasciare in frigo per l'intera notte.

Cookies ai fiocchi d'avena II

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Uno dei cento motivi per cui non sarò mai una di quei foodbloggers comme il faut (tranquilli lettori: nessuno ha a che fare con riuscita e/o qualità delle ricette): perché le foto non le so fare, non ho voglia di montare un set cinematografico per ogni biscotto che tiro fuori dal forno, e d'altra parte mi piace pensare che se uno capita a leggermi perché gli serve un'informazione su come preparare una certa cosa, gli interessi trovarci soprattutto quella, più spiegazioni chiare e possibilmente corrette!
Quindi mi perdonerete se l'idea iniziale di mostrare il ricettario americano in retroscena non è riuscita: non si vede, e per quello che riguarda l'immagine potrebbe essere il Kamasutra o un ricettario in cinese. 
I biscotti invece si vedono, e spero che facciano venire voglia a qualcuno di provarli: non ne comprerete più. Un'altra ricetta di cookies, non molto diversa, la trovate qui.

Ricetta per 12 cookies da Essentials of Baking della Williams-Sonoma (sempre per la serie: nostalgia canaglia).
  • 120 g. farina 0 (all-purpose); ho provato anche con la 00 senza nessun particolare problema
  • 1/2 cucchiaino di lievito per dolci
  • 1/2 cucchiaino di cannella in polvere
  • un pizzico di sale
  • 60 g. burro, a temperatura ambiente
  • 110 g. di zucchero di canna scuro tipo Mascobado
  • 60 g. di zucchero semolato "normale"
  • 1 uovo L
  • 1 cucchiaino di estratto di vaniglia o semi di vaniglia
  • 70 g. di fiocchi d'avena
  • chocolate chips quante ne volete voi, o uvetta, o tutti e due
Procedimento americanamente rapidissimo e funzionale. Ciotola uno: lavorare a crema burro, zuccheri, vaniglia e cannella (ricordiamoci che i grassi "diffondono" i profumi!). Basta un cucchiaio di legno. Aggiungere l'uovo e continuare a sbattere.
Ciotola due: setacciare insieme farina, lievito e sale.
Mescolare questi ingredienti alla crema di burro e uova. Aggiungere i fiocchi d'avena e per ultimo l'ingrediente "caratterizzante" che piace a voi. Nella foto, si tratta di chocolate chips sia al latte che fondenti.
Mettere in frigo per un'ora o anche in freezer per mezz'ora, se volete fare ancora più rapidamente.
Porzionare l'impasto a cucchiaiate su carta forno, facendo i mucchietti ben distanziati perché si allargano molto
Cuocere in forno caldo a 180 gradi per 15 minuti. Tirare fuori, non toccare perché saranno molli. Raffreddandosi diventeranno più compatti. Non continuare la cottura a meno che non si desiderino dei veri biscotti, più spessi ma non chewy all'interno come gli originali. Il criterio è che il biscotto dev'essere dorato ai bordi, ma con il centro ancora umido. 
Si conservano per tre giorni in scatola di latta. 

Postre de natas (dessert colombiano)

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Uno degli aspetti più comici dell'era digitale è che uno si mette in cerca di informazioni per uno scopo preciso e finisce col portarsene appresso altre che non gli servono per niente, ma che in qualche modo risultano interessanti lo stesso. Un po' come al supermercato o al malefico Ikea. A me è successo recentemente così: vagavo per ricettari sudamericani con due scopi pratici e chiari, farmi venire qualche idea nuova per farcire le arresa venezolanas e fare al contempo un po' d'esercizio di spagnolo; lingua simpatica e divertente quanto vogliamo, ma con cui non ho mai pensato di potere mai fare sul serio, finché poi le cose al lavoro non si sono messe diversamente. Che si deve fare per campare.
Bene, le arepas le ho farcite come già fatto mille volte, in compenso sono finita a raccogliere curiosità su tradizioni che col Venezuela non c'entrano niente, complice il viaggio recente di un'amica in Colombia. Tra cui, il postre de natas.
Questa crema, da quelle parti  dolce natalizio, l'ho studiata da tutti i punti di vista, con e senza videoricette, perché proprio m'incuriosiva, ma il coraggio di prepararla sul serio non ce l'avevo; e questo per la stessa ragione da cui proveniva la curiosità. Si prepara, infatti, raccogliendo la pannuccia che affiora quando si fa bollire il latte e mescolandola con una sorta di crema pasticcera al rum. Ne risulta una stranissima mescolanza di aromi, ma anche di textures, che mi faceva dire, alla fine, sempre la stessa parola: boh. 
Poi però mi sono trovata a passare un weekend da sola e ci ho provato, con l'aiuto del caso che mi ha messo davanti, al momento di far la spesa, un po' di bottiglie di latte crudo, che non ci sono sempre. Facciamo così - ho detto - io approfitto del momento e ne compro una, per preparare un budino a uso personale: almeno, se poi fa schifo, nessuno vede come m arrabbio.
Ecco, se la ricetta vi arriva qua, e pure rapidamente perché in italiano non l'ho vista, vuol dire che non mi sono arrabbiata, e che anzi non vedo l'ora di ripetere. Una cosa delicatissima e la consistenza a fiocchi, alla fine, mi piace molto.
Unico problema, ci vuole pazienza certosina, latte in quantità industriale, e possibilmente non pastorizzato, perché altrimenti temo che non si formi abbastanza panna. I coraggiosi possono provare con quello al 3,8% di grassi, ma se non riesce, el quel avisa no es traidor.
La mia ricetta è sostanzialmente quella di Erica Dinho (originale qui). Si differenzia solo perché ho diminuito lo zucchero, se no mi risulta stucchevole.

Per 4 budini:
  • 4 litri di latte, possibilmente crudo
  • 4 tuorli d'uovo
  • 60 g. di zucchero
  • Uvetta passa
  • Rum (o anice, aguardiente).
Portare il latte a bollore in una pentola capiente (a volere accelerare i tempi, anche in due). Raggiunta la temperatura giusta, si toglie la pentola dal fornello e si lascia riposare per qualche secondo. Si sarà formata la panna: prelevarla con una forchetta e ripetere l'operazione. All'inizio la panna è poca, ma non c'è da scoraggiarsi, dopo un po' ne risulta una quantità abbastanza interessante, mentre il latte si restringerà. Ecco, il guaio è che bisogna continuare finché ne produce, o finché non resta circa una tazza di latte evaporato. Possono passare delle ore (per un litro se n'è andata via un'ora, ok?)
Nel latte evaporato si scioglie lo zucchero e si prepara uno sciroppo. Non è necessario che si addensi tanto. 
Nel frattempo sbattere i tuorli finché non sono chiari e vi aggiunge lo sciroppo caldo, mescolando per incorporare bene. Rimettere sul fuoco (basso) e aggiungere l'uvetta, il rum e la panna prelevata, senza mescolare perché deve restare "a fiocchi". Lasciare cuocere per un paio di minuti, versare nelle coppette, decorare con altra uvetta e lasciare bene raffreddare in frigo.
La prossima volta col cavolo che ne preparo una sola.

Frolle al tuorlo sodo con marmellata di fragole

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Per chi ha pazienza con le briciole... ma imperdibili. Questa pasta frolla ha una consistenza tutta speciale: non solo friabile, ma tenera, si scioglie, perché non contiene che tuorli sodi. Conoscevo già certi biscotti tedeschi che li utilizzano nell'impasto, ma con un effetto diverso, sicuramente determinato dalla presenza anche di uova fresche. Questa pasta è invece molto adatta per pasticcini. La ricetta la devo a Jasmine, detta a casa mia "Jasmine delle roschette"perché ci ha fatto conoscere altri biscotti (libici questa volta) che da allora non mancano quasi mai; ma le faccio un torto, in quanto sa fare un sacco di altre cose, e vi spiega anche così bene come, che leggerla è sempre un piacere. Visitatela su Labna!

Questa che segno io è la metà della dose originale con l'aggiunta di qualche aroma: risulteranno circa 20 biscotti, anche più, a voler  farli più piccini pesando esattamente ogni porzione.
  • 4 tuorli sodi  (70 g. con uova M)
  • 125 g. di burro e guai se non è a temperatura ambiente
  • 65 g. di zucchero a velo
  • 65 g. di fecola di patate
  • 138 g. di farina 00
  • Vaniglia (semi; l'ideale qui è la vaniglia di Tahiti, costa un macello ma pazienza)
  • Fava Tonka grattugiata, la punta di un cucchiaino
  • Marmellata di fragole


I tuorli si possono lessare anche da soli, a condizione di scolarli poi per benino ed eliminare eventuali tracce di albume (se ci sono riuscita io un venerdì pomeriggio tardi e in condizione di stanchezza mostruosa, senza combinare guai, vuol dire che non è difficile). Per il resto la preparazione è un giochino (vedi sopra a proposito delle condizioni generali di sfondo...): e cioè
- Passare i tuorli al setaccio.
- Montare burro, zucchero, aromi e tuorli sodi, insieme.
- Aggiungere farina e fecola setacciate insieme e mescolare con la spatola e poi con le mani, senza impastare.

Avvolgere la pasta in pellicola e lasciare in frigo per almeno due ore. Jasmine dice dieci ore; è  sicuramente meglio, perché è tenera, ma se proprio non si può, con due si compatta abbastanza bene.

Formare palline grosse come noci, appiattirle leggermente e fare un incavo al centro destinato ad alloggiamento per la marmellata.  Cuocere 12 minuti circa a 170 gradi: devono restare chiari.
Quando i biscotti sono già asciutti, diciamo al decimo minuto, tirarli fuori e riempire ogni incavo con un cucchiaino di marmellata. Rimettere in forno, completare la cottura e lasciare ancora 5 minuti a forno spento e leggermente aperto. Questo se non abbiamo l'intenzione di farli fuori subito: serve ad evitare di lasciare la marmellata molto umida, prolungando i tempi di conservazione, e nello stesso tempo senza ottenere l'effetto-caramella della marmellata cotta.


Apple Pie classico

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La stagione delle mele è arrivata, quindi ci vuole il dolce alle mele; e se si ci mette anche la nostalgia come sempre canaglia, la conclusione è semplice: apple pie.
Quello classico, di Nonna Papera: un sacco di mele, cannella, e pasta brisée fatta come il ciel comanda. Il problema se mai è cercare di capire come si chiamino, in Germania, le mele che ci mettevo all'epoca: di solito si dice che l'apple pie la morte sua la fa con le Granny Smith, e fino a quel punto non c'è problema perché si trovano, ma una scuola di pensiero vuole che ci vadano anche le Cortland, e lì sono cavoli perché c'è da studiare.

La pasta brisée per questo pie è quella della King Arthur Flour, ma più o meno il principio è sempre lo stesso: farina, margarina e burro, sale e acqua (poca). Qui e qui le dosi che uso in altri casi, con la spiegazione precisa del procedimento per ottenere l'effetto flaky come si deve. A proposito, caro lettore, con il pie non si può sgarrare: se ci sono paste con cui le idee salutiste non vanno d'accordo, quella dei pies è proprio l'esempio perfetto. "Posso usare solo burro?" No: la margarina, che fonde a una temperatura diversa, rende la pasta più friabile e delicata. "Posso usarne di meno?" No: ti ritrovi con una specie di pasta frolla, dura per giunta perché manca l'uovo. 

Base:
  • 300 g. farina 0 ("all purpose": se ci sono dubbi che la farina sia troppo forte, fare 150 tipo 0 e 150 tipo 00);
  • 3/4 di cucchiaino di sale (un bel pizzico convinto, in mancanza del misurino, o un cucchiaino piccolo)
  • 60 g. di margarina freddissima
  • 113 g. di burro freddissimo
  • da 100 a 140 g. di acqua ghiacciata

Prima di cominciare mettere la miscela di farina e sale, nel contenitore dove si dovrà impastare, in freezer per dieci minuti. Lo stesso vale per il burro e la margarina a pezzetti e l'acqua, possibilmente in una bottiglietta spray.
Spezzettare metà del burro e della margarina dentro alla ciotola della farina con due coltelli o con un pastry blender. Devono risultare delle briciole piuttosto grosse, come i piselli. Aggiungere il resto e continuare a mischiare, anche in questo caso l'impasto deve rimanere bricioloso con grossi pezzi di burro visibili... più grossi di quanto vi sembrerebbe giusto, come dice giustamente Susan Reed della King Arthur (volete conoscerla e vedere come fa lei? qui). Quando la roba inizia ad ammassarsi  ma non sta insieme, versare il tutto su un foglio di carta forno e iniziare a spruzzare l'acqua, compattando con l'aiuto della carta stessa. Piano piano la pasta inizierà ad avere un aspetto normale, ma dovrà restare più secca della pasta frolla, con tracce ben visibili di farina. Fare un disco, avvolgere in pellicola e lasciare in frigo per due ore almeno, o anche per tutta la notte. L'acqua si redistribuirà per conto suo.

Ripieno:
  • 700 g. di mele Granny Smith
  • 130 g. di zucchero bruno
  • 1/4 di cucchiaino di sale
  • 1 cucchiaino di cannella
  • Noce moscata, una grattatina
  • Semi di vaniglia
  • Succo di limone per spruzzare
  • 80 ml. di half and half (curiosa mistura metà latte-metà panna che si vende in USA - dove non la si trova, si sostituisca con la panna per sbiancare il caffè o col latte condensato)
  • Un cucchiaio di amido
Sbucciare le mele, tagliare a pezzetti sottili (insomma, a fette e ogni fetta a metà), lasciare macerare con lo zucchero e il succo di limone. Raccogliere il succo dopo mezz'ora (sarà tanto) e farlo restringere della metà, diventerà uno sciroppo. Resistere alla tentazione di farlo fuori a cucchiaiate, perché è buono per conto suo, e mettere a raffreddare.
Dividere la pasta in due porzioni, una leggermente più grande, e con questa foderare uno stampo da pie da 22 cm. Mescolare le fettine di mela (adesso scolate; tenere da parte il succo) con lo sciroppo, le spezie varie e la panna. Versare e ricoprire col secondo disco, a strisce o no (se il dolce è completamente chiuso, fare dei tagli per la fuoriuscita del vapore e di eventuali sughetti. 
Lucidare la superficie con il succo tenuto da parte e spolverare di zucchero.
Cuocere 15 minuti a 225 gradi, nella parta bassa del forno, poi abbassare la temperatura a 190 e continuare per altri 45-50 minuti. Possibilmente posizionare lo stampo sopra ad un'altra teglia calda: la cottura del fondo con un ripieno di frutta è sempre una sfida, e anche se l'apple pie che si compra è piuttosto sugoso e croccante soprattutto nella parte superiore, vogliamo in ogni caso che si cuocia!
Si può servire tiepido con il gelato alla vaniglia. Il giorno dopo va ancora molto bene, ma non va coperto, altrimenti l'umidità non evapora. 
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