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Channel: Toni's Pastries
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La crema di Annette

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No che non c'entra, Annette quella che stava sui monti ed era amica di Lucien e sorella di Daniel detto Dany. Chi era ragazzino negli anni Ottanta capisce di cosa parlo... Questo nome alla crema l'ha dato l'autrice della ricetta, Sophie Dudemaine, notissima in Francia come la Nigella Lawson locale; e l'ha fatto, mi pare di capire, per ragioni di... assonanza: pronunciare crème d'Annette per capire l'allusione ad un celebre prodotto, di cui non credo sentirete molto la mancanza,  assaggiata questa.
Anche perché a me, personalmente, quel prodotto lì ricorda i compiti di scuola, fatti sempre (compresi quelli delle materie preferite) secondo il criterio "voglia di lavorare saltami addosso"; o, in alternativa, lunghe ore di studio hobbistico ma non per questo più utile nella vita, non fosse che perché i libri favoriti inchiodavano comunque a una poltrona. La scoperta dello sport era di là da venire.

Somiglia proprio, comunque, a quella crema lì, e il portafogli sarà contento; e anche voi che la preparate, perché in dieci minuti è pronta e potrete andare a fare altro. Per esempio, tornando al discorso di cui sopra, sport.
La ricetta è contenuta nel libro della Dudemaine Les desserts d'hiver e l'ho rubata, imparandola a memoria in libreria (ok Sophie, poi lo compro...)
Tra l'altro Sophie Dudemaine indica due versioni, una "pesante" e l'altra "leggera", ma sono ottime entrambe e la variante pesante è solo più untuosa, ma non meno cremosa o densa dell'altra.
  • Cioccolato fondente "di quello buono", 20 g.;
  • Cacao amaro (idem), 3 cucchiai (dice la Dudemaine; sono circa 50 g.);
  • Latte, 250 g.
  • Panna, 250 g. (Versione leggera: 500 g. di latte e siamo alla pace);
  • Zucchero, 60 g. (Versione leggera: dolcificante a piacere)
  • Amido di grano, 20 g. 
  • Vaniglia, semi di mezza bacca (ce la metto io).
Fate sciogliere il cioccolato fondente nella  maggior parte del latte, a cui avrete aggiunto la vaniglia. Nel frattempo sciogliete nel resto del latte l'amido, lo zucchero e il cacao. Mescolate al latte ben caldo e lasciate addensare per circa cinque minuti su fiamma bassa. Fatto, finito, e tutto (quasi) pulito.
Versate nelle coppette e lasciate raffreddare in frigo.


Biscotto materano da latte

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Dunque io torno dalla Grecia con un chilo di biscotti greci del panificio grecissimo, con lo scopo di combattere le nostalgie, approfondire lo studio della produzione locale (a scopo pirateria, si capisce), e poter contare su un lungo periodo di pausa impastamenti...
...e come se ne spunta Herr Doktor-doktor?
"Sono meglio i tuoi... questi non si inzuppano".
Inutile spiegare che si trattava di un altro genere, altro tipo di frolla, probabilmente anche altra funzione... il criterio era quello. Il cielo ti renda merito, rispondo io: me ne toccheranno di più! Peró a questo punto il problema di reperire i biscotti da inzuppare, in un momento di pochissima voglia e tempo di farli,  eccolo di ritorno. 
Ho fatto una scoperta: i biscotti da latte, in Germania, non esistono. Esistono i frollini, di tutti i tipi e forme; ma non sono quelli. Esistono i biscotti bio denominati Familienkekse, da famiglia, e dev'essere la famiglia dei Puffi, perché ogni biscotto è grande quanto una moneta da un euro, spesso quattro millimetri al massimo, e se pensi a quanto costano altro che famiglia. Per disperazione mi sono buttata su una confezione di biscotti senza glutine, e nell'epoca in cui le cose senza glutine sono diventate davvero gustose l'unica rimasta "all'antica"è toccata proprio a me. Una roba proprio penitenziale.
Uno spiraglio di luce si è aperto quando a Berlino ho trovato i biscotti di Matera. E subito dopo si è richiuso: 5, 60 euro un pacchetto da 250 g. Il destino diceva: chi fa da sé... 
La ricetta tradizionale dev'essere davvero canonica, perché due affidabili fonti la danno quasi uguale: Cristian su Cookaround e Ornella di A modo mio. Però nel frattempo avevo studiato anche l'etichetta del biscotto supercostoso e appreso che la farina dev'essere di semola rimacinata. Io non pensavo che si potesse usare per biscotti, ma ho dovuto ricredermi: sono proprio quelli, e che buoni! Credo che in un certo senso siano un classico del Sud, perché mi ricordano certe "pastine" che vendono anche in Sicilia. Quindi: grazie a Cristian, grazie a Ornella e alla sua tata Pompea depositaria della ricetta, e però qui trovate le modifiche dopo lo spionaggio industriale ai biscotti di lusso. 
Avvertenza! La pasta deve riposare 24 ore. Mi dicono che si chiamano dormienti per questo. Non ci provate prima: non funziona. Ci vuole l'olio d'oliva, inoltre, e chiaramente delicato, perché se no sapranno di grissino (nel migliore dei casi). Vale la pena di andare a comprarlo apposta, se non si è sicuri. Questa è la dose per mezzo chilo di farina ma ci rifornite un convento.
  • Semola rimacinata di grano duro, proprio quella per la pasta, 500 g.
  • Zucchero, 200 g.
  • Olio d'oliva, 100 ml.
  • Uova M, 3;
  • Latte, 90-100 ml.
  • Vaniglia;
  • Ammoniaca, 10 g. (mezza bustina).
 Montate le uova intere con lo zucchero e la vaniglia, come per il pan di Spagna. Aggiungete una cucchiaiata di farina, alternando con l'olio a filo e l'ammoniaca sciolta nel latte (attenti alla schiuma). Otterrete una pasta morbida, che si rassoderà ulteriormente durante il riposo. Tuttavia a seconda dell'umidità della farina potrebbe esserci bisogno di meno latte: decidete voi. L'impasto dev'essere, in sostanza, morbido ma non appiccicoso. Lasciate la ciotola, coperta, in un luogo riparato per 24 ore.
L'indomani prelevate porzioni di impasto e formate bastoncini delle dimensioni di un würstel. Quello italiano, si capisce. Tagliateli a pezzetti di 3-4 cm e rotolateli nello zucchero.
Cuoceteli a 180 gradi per 20-25 minuti. Non devono essere eccessivamente scuri. Se fossero ancora morbidi all'interno, e non vi andasse bene la cosa, lasciateli in forno spento per qualche ora. 

Moustokouloura morbidi

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Quando si dice: nostalgia canaglia.
I biscotti detti moustokouloura si fanno o col mosto appena pressato, o con lo sciroppo da esso ricavato, che si chiama petimezi, ed esistono di due tipi: morbidi e friabili. Io, ad Atene, una volta avevo comprato quelli friabili...  e invece, al momento della documentazione, sono incappata nelle ricette di quelli morbidi. Sempre. Pazienza perché sono buonissimi e vi piacerà sapere che sono anche nistìsima: adatti ai digiuni della tradizione ortodossa, che prevedono l'astinenza non solo dalla carne, ma anche da uova, latte e latticini. Io quando sento la parola digiuno sono preda di varie forme d'allergia, ma può tornare comodo un biscotto dolcificato solo dal petimezi (e non ve ne accorgete) e senza un enorme quantitativo di burro (idem). A proposito, per gli interessati: risultano vegan.
Il petimezi dopo anni di scervellarmi su dove trovarlo l'ho beccato con un semplice ragionamento, probabilmente poco politically correct e soprattutto non da raccontare ai ciprioti, ma funzionale. Ho rispolverato qualche informazione da una vita precedente in cui avevo a che fare quotidianamente con la storia greca e ho pensato: ma se hanno avuto la dominazione turca, vuoi vedere che i Turchi... E sì che ce l'hanno: Pekmez. E dove sta la comunità turca più grande d'Europa? A Berlino. Problema risolto.
  • Farina (dicono per tutti gli usi, io uso metà 0 e metà 00), 500g.;
  • Olio d'oliva, delicato!!!, 50 ml.;
  • Sciroppo di mosto d'uva (petimezi), 250 ml.;
  • Un pizzico di sale;
  • Succo d'arancia, 90 ml.;
  • Buccia d'arancia grattugiata;
  • Cannella in polvere, 1 cucchiaino colmo (ma liberi d'aggiungere se è "gentile", quella greca è molto decisa);
  • Chiodi di garofano in polvere, 1/4 di cucchiaino (si è capito che ho ritrovato il misurino creduto perso tra California e Germania?);
  • Ammoniaca, 1/4 di cucchiaino;
  • Bicarbonato, 1/4 di cucchiaino;
  • Lievito per dolci, 1/2 cucchiaino.
  • Uvetta (facoltativo, e infatti non la vedete).
Cominciate dagli ingredienti liquidi: miscelateli bene tra loro, con l'eccezione di un po' di succo d'arancia che servirà per sciogliere il bicarbonato. Aggiungete piano piano la farina mista alle polveri lievitanti e al sale (a parte, non si sa mai le magie della chimica), impastando senza forzare per non sviluppare glutine in eccesso. In questa fase versare il succo d'arancia con il bicarbonato sciolto dentro. La pasta sarà morbida ma per nulla appiccicosa e si lascerà sagomare in serpentelli. Cuocete a 180 gradi per 18-20 minuti (comanda il forno) e servite col caffé (sarò forse l'unica persona con passaporto italiano ad apprezzare il caffé greco, ma che ci posso fare... cose che capitano).
I biscotti tradizionali sono proprio così, ma se li volete particolarmente dolci, potete aggiungere un cucchiaio di miele. Appuntamento alla prossima volta per la seconda versione!

Ravanì

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Ravanì, il re dei siropiastà che fanno impressione quando li si descrive agli italiani ("noooo, tutto quello sciroppo, oddìo...") e invece chi parla non sa cosa si perde. È un dolce a base di semolino e proprio per questo non si disfa nello sciroppo; non è assolutamente stucchevole. La ricetta è della bravissima Alexandra, che non a caso lo classifica come Ravanì to teleio e cioè "perfetto". Se lo dice lei che è cuoca... ha ragione, e se l'avete provato in vacanza lo ritroverete. Però occhio che ne viene fuori una quantità decisamente grande, quindi per uno stampo piccolo conviene dimezzare o ricalcolare per tre uova.

  • Uova M, 4;
  • Semolino, 360 g.;
  • Farina, 125 g.;
  • Yoghurt greco al 2%, 400 g.;
  • Lievito per dolci, 1 cucchiaino e 1/2;
  • 3 bustine di zucchero vanigliato;
  • Zucchero, 200 g.;
  • Buccia di limone grattugiata.
Sciroppo:
  • Zucchero, 4 tazze;
  • Acqua, 3 tazze e mezza;
  • Buccia di limone intera, la parte gialla
Cominciamo dallo sciroppo. Per quello accetto anch'io di regolarmi a tazze e uso quelle da té dimensioni standard. Portate acqua e zucchero, con la buccia di limone, ad ebollizione e contiamo cinque minuti dal primo bollore, poi spegnete e lasciate raffreddare.
Per la torta mescolate in una ciotola la farina, il semolino, lo zucchero vanigliato  e il lievito. Inun'altra ciotola mettete lo zucchero e l'olio, sbattendo con la frusta a mano finché non si scioglie. A seguire aggiungete lo yoghurt e quando si è amalgamato anche le uova. Alla fine incorporate la miscela di farina e semolino e la buccia di limone grattugiata. Versate in una teglia rettangolare 37x27 imburrata e infarinata e lasciamo cuocere a 180 gradi per 45 minuti. Non appena il dolce esce dal forno vi si versa sopra lo sciroppo che ormai sarà freddo e si lascia inzuppare per benino. Il ravanì si serve ben freddo a quadretti, da solo (sketo) oppure accompagnato da gelato alla vaniglia. Finezza vuole che si decori ogni quadratino con una mandorla o un pistacchio.

Palatschinken all'ungherese

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Premesso che per le foto son tempi di magra... e quindi non rendo l'idea, in Ungheria le crèpes le fanno così. A metà strada tra quelle sottilissime alla francese e quelle a frittatina tedesche - le Pfannkuchen che pure hanno decisamente il loro perché -,  e le chiamano Palacsinta. Qui e in altre zone austroungariche dette Palatschinken. Ricetta comodissima che mi giunge da Chefkoch.de - perfette con la marmellata, non sanno d'uovo, e rapidissime da fare. Ne riescono una decina.
  • Uova, 2;
  • Farina 00 (#405), 150 g.;
  • Zucchero, 1 cucchiaio;
  • Latte, 300 ml.;
  • Acqua minerale gassata, 100 ml.;
  • Un pizzico di sale;
  • Una bustina di zucchero vanigliato.
Mettere la farina in una ciotola alta e aggiungere gradatamente un po' di latte perché non si formino grumi, continuando con il resto degli ingredienti fino a ottenere una pastella fluida ma non liquida. Lasciare riposare 10 minuti e poi procedere alla cottura sulla piastra da crèpes leggermente unta, a calore moderato. Basta un mestolino di pastella al centro della piastra; muovendola, l'impasto si distribuirà su tutta la superficie senza problemi.
Si servono con marmellata, gelato (nella foto, brutta quanto volete ma pazienza, frutti di bosco e vaniglia!) oppure nella versione detta Gundel-Palacsinta, con una farcia di noci e cioccolato sulla quale mi sono proposta di approfondire, in vista dei rigori dell'inverno...

Welsh Cakes (di Re Artù)

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E se io vi dico: Mwynhewch picau ar y maen... voi che mi rispondete?
Probabilmente di consultare uno bravo.
Per fortuna non ve lo dico, perché tanto non lo saprei pronunciare: ho fatto copia e incolla per dire quello che in un linguaggio più noto al mondo suona come Enjoy Welsh Cakes!
Si tratta di dolcetti che stanno a metà tra il pancake e il biscotto al (molto) burro, con un tocco muffin-like, come ci ricordano quelli della King Arthur da cui mi viene la ricetta.  In Galles sono tipici del giorno di San Davide, che poi sarebbe il 1 marzo, ma noi anticipiamo... perché sono troppo buoni, malgrado non rappresentino il top dell'estetica. La loro particolarità è infatti che non si cuociono in forno, ma in padella, il che li rende tra l'altro di comodissima preparazione.
Unica difficoltà, capire quand'è il momento giusto per avere la temperatura ottimale ed evitare che si brucino. La prima volta, potete contare sul fatto che almeno due saranno, come diceva un noto politico, "abbronzati".
 Mescolate in un recipiente:
  • Farina 0 (#550), 180g.
  • Zucchero, 95 g.;
  • Lievito per dolci, 1 cucchiaino;
  • Noce moscata, 1/4 di cucchiaino e se non avete il misurino una buona presa;
  • Sale, 1/2 cucchaino scarso.
Spezzettate  sulla miscela 110 g. di burro freddo e lavorate rapidamente fino a che si formano briciole. Occhio a non esagerare perché riscaldare il burro rovina il risultato.
Aggiungete 90 g. di uvetta passa.
Pesate un uovo M senza il guscio e aggiungete latte quanto basta per arrivare a 90 g. di liquido. Sbattete leggermente e versate sulla miscela di farina e burro. Mescolate giusto per inumidire il tutto, senza impastare.
Stendete l'impasto su un piano ben infarinato, sollevandolo perché non si attacchi. Bastano le mani. Dovrà avere uno spessore di un po' più di mezzo centimetro. Ritagliate dischetti di 7-8 cm. di diametro e cuoceteli 2 minuti e mezzo per lato in una padella antiaderente... calda, ma non eccessivamente. Low-medium, dice la ricetta. Meglio iniziare con un biscotto-cavia e vedere se funziona. Fate raffreddare su una griglia e servite i biscotti spolverati di zucchero o di zucchero e cannella; in alternativa si possono tagliare a metà e farcire con marmellata per accompagnare il té. Sono ottimi anche il giorno dopo, riscaldati nel tostapane o anche così come sono.
 


Biscotti con il tahin

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Dicesi tahin la pasta di sesamo, molto usata in Turchia e da lì passata in Grecia. Per condire l'insalata è la fine del mondo, per la preparazione di piatti tipici mediorientali come l'hummusè indispensabile, ma che ci si potessero fare anche i biscotti l'ho scoperto da poco. Per l'appunto durante la vacanza greca. È che il tahin si presta benissimo a sostituire il burro (nozione non superflua quando si deve usare per l'insalata...  è molto, ma molto nutriente!) e quindi fa da base a molti dolci nistìsima ovverossia quaresimali. Questa ricetta viene dal confronto di vari originali greci, che si somigliano tutti e questo è un po' una garanzia. Sono molto profumati e ricordano vagamente i biscotti alla nocciola, potete sfidare eventuali ospiti a riconoscere l'ingrediente segreto!
  • Tahin, 150 g.;
  • Succo d'arancia, 125 g.;
  • Zucchero, 180 g.;
  • Farina 0 oppure 00, 350 g.;
  • Lievito per dolci, 1 cucchiano;
  • Bicarbonato, 1 cucchiaino;
  • Liquore (cognac o altro, serve per dare friabilità), 20 g.
Setacciate la farina col lievito. A parte mescolate il tahin con lo zucchero, il liquore e il succo d'arancia, conservandone un paio di cucchiai. Aggiungete gradatamente la farina e il bicarbonato sciolto nel succo messo da parte. L'impasto sarà morbido e va bene così. Formate biscotti a piacere e cuocete a 180 gradi per 15-20 minuti, come sempre a discrezione del forno.
Sono ancora più buoni se aromatizzate l'impasto con un pizzico di masticha di Chio. La mastichaè una resina di cui i greci vanno pazzi, il cui profumo non saprei descrivere perché non somiglia a niente che si usi in Italia, e quella "vera" costa un occhio, tanto è vero che mi sono presa un accidente al momento in cui ho visto lo scontrino del supermercato. Ma tanto se ne usa pochissima e durerà tanto... In alternativa si può usare la vaniglia, ma le ricette greche non ne parlano.

Tìa Maria Gâteau

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Torta recentemente preparata in quel di Londra nel ruolo di birthday cake per padre&fratello, ma  così buona che va rifatta al più presto. C'era una volta una merendina che si chiamava Colazione Più: ecco, il sapore della base è proprio quello e fa venire voglia di farne fuori a quintali. Per gli interessati alla linea: vi piacerà sapere che la base è un pan di Spagna, anche se la presenza del caffé lo rende particolarmente saporito e per nulla secco, e praticamente il dolce non contiene burro o olio.

 La ricetta è di Martha Day, da un volume dal titolo inequivocabile di Baking, con qualche idea mia che in ogni caso vi segnalo.  La ricetta originale prevede la metà delle dosi, per uno stampo da 20 cm.; la mia è per stampo da 26-28, o da 24 se vi piacesse ancora più alta.

Pan di Spagna:
  • Farina 00 (#405), 75g.;
  • Farina 0 (plain, #550), 75 g.;
  • Caffè in polvere solubile, 5 cucchiai;
  • Cacao amaro, 1 cucchiaino colmo;
  • Uova, separate, 6;
  • Zucchero, 220 g.;
  • (Lievito per dolci, 1 cucchiaino se non vi fidate del vostro forno).
Montare tuorli e zucchero per almeno 10 minuti fino a quando la massa non "scrive" una traccia ben visibile e relativamente stabile. (Il ricettario precisa - siamo o non siamo inglesi? che la traccia deve restare visibile per 15 secondi, allora contiamo... one, two, three... Io, pur prussiana d'adozione, non sono precisa quanto loro e vado secondo esperienza pandispagnistica pluriennale).
Montare gli albumi a neve con un pizzico di sale.
Aggiungere la farina setacciata con il caffé, il cacao ed eventualmente il lievito, piano piano e dall'alto verso il basso per non smontare la massa; eventualmente alleggerire con qualche cucchiaiata degli albumi. Completare con il resto degli albumi e mettere in forno caldo a 170 g. per circa 45 minuti. Come sempre, non aprire prima di essere arrivati almeno a fine cottura.
Dove ho messo mano? Presto detto. Intanto sul tipo di farina. Martha Day indica solo farina plain, e cioè 0; io vedo un miglior risultato (quanto a morbidezza) utilizzando metà farina 00, che ha meno glutine. Inoltre aggiungo il cacao al posto di un ulteriore cucchiaio di caffé: i due sapori si "esaltano" a vicenda. Il lievito non è presente e dipende completamente da quanto vi fidate del vostro forno. A casa mia, nonostante il mio forno non sia esattamente l'ultimo grido, non uso lievito nel pan di Spagna e mi trovo benissimo. A casa di mio fratello non possiamo contarci, e ve lo dico con certezza perché stavolta abbiamo dovuto rifare tutto. Quindi, a discrezione.

Crema:
  •  Formaggio cremoso tipo Philadelphia, 400 g.;
  • Miele fluido, 4 cucchiai;
  • Zucchero a velo, 1 cucchiaio;
  • Liquore Tìa Maria, 40 ml.
Mescolare tutti gli ingredienti; ne verrà fuori una crema liscia. La ricetta prevede Philadelphia light e io non mi trovo molto d'accordo; buono è buono, ma con la versione normale del cream cheese il discorso è un altro, non ci prendiamo in giro. Altro particolare omesso per ragioni di gusto è l'aggiunta di zenzero candito a pezzetti. 
Quando la torta è fredda, tagliarla orizzontalmente e farcirla con la crema. Richiudere e preparare la glassa.

Glassa;
  • Zucchero a velo, 225 g.;
  • Liquore Tìa Maria, 15 ml.;
  • Caffé in polvere solubile, 1 cucchiaino;
  • Cacao amaro, 1 cucchiaino.
Le dosi per la glassa non le raddoppio, perché trovo più bello lasciare il dolce non completamente ricoperto. Sciogliere il caffé in pochissima acqua e mescolare allo zucchero insieme al liquore. Se dovesse essere ancora troppo densa aggiungere acqua a cucchiaini. Utilizzare la maggior parte della glassa per ricoprire la superficie del dolce lasciando da parte una piccola quantità a cui andrà mescolato il cacao. Fare scendere la glassa scura da un cornetto di carta creando un disegnino a piacere ed utilizzare il resto per glassare, in modo volutamente irregolare, il bordo della torta. 
Mettere in frigo per una mezzoretta prima di servire.




Plumcake Frankenstein... ovvero la pasta da ciambella a lievitazione naturale

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Attenzione attenzione, comunicato speciale per tutti i possessori di una coltura di lievito madre che si sono stancati dei soliti metodi per riciclare quello che avanza dai rinfreschi... sembra incredibile ma sa fare anche le torte, e non sto parlando di brioches e lievitati vari, sto parlando proprio di quelle normali... se vi siete stufati dei soliti grissini, tigelle, crumpets, ho la soluzione che fa per voi.
Io non volevo crederci. Intanto però si è verificato che Herr Doktor-Doktor, dopo avere iniziato un periodo dieta-sport per rimettersi in forma, non solo ci si è rimesso davvero, ma ci ha preso tanto gusto che l'allievo ha superato il maestro (meglio sarebbe dire la maestra) e ha iniziato a evitare il pane e le brioches. A questo si è aggiunta poca voglia e tempo da parte mia per  impastare roba complicata, con conseguente disoccupazione del nostro Frankenstein, ridotto ad essere utilizzato per le fette biscottate e poco altro, perché col cavolo che impasto per far fuori tutto da sola. Alla ricerca di una soluzione diversa dal solito per il riciclo incappo in un'idea della King Arthur, come sempre geniale. A pensarci bene hanno ragione: quando non esistevano le bustine di lievito, cosa si usava per tirare su le torte? O l'aria, nel pan di Spagna, oppure lui, il buon vecchio sourdough.
Il risultato è davvero convincente. "Frankenstein" ho pensato subito "ti voglio bene!" Con il lievito madre potete preparare anche impasti da ciambella o plum-cake, non solo senza che si senta nessun retrogusto acido o "lievitoso", ma anche con il vantaggio di tempi di conservazione molto lunghi. Questo plumcake si mantiene infatti morbidissimo per molti giorni.
Si tratta di una ricetta universale, che la King Arthur propone in versione al cioccolato. Quella originale ve la mostro un'altra volta, intanto ecco come preparare la mia. Potete usarla per varie creazioni, perché si presta ad essere usata anche per torte morbide con frutta.

Le dosi servono per uno stampo da plumcake da 22 cm. o una ciambella piccola dello stesso diametro:
  • 125 g. di lievito madre attivo, rinfrescato 4 ore prima o la sera prima;
  • 115 g. di latte intero;
  • 120 g. di farina (0/#550, 00/#405 o miscela al 50%)
  •  150 g. di zucchero;
  • 100 g. di olio vegetale dal sapore neutro;
  • vaniglia;
  • 3/4 di cucchiaino di bicarbonato;
  • buccia grattugiata di limone o arancia;
  • 4 albicocche secche;
  • 1 cucchiaio di uvetta;
  • 1/2 cucchiaino di sale;
  • 1 uovo M.


Iniziate dal mescolare in una ciotola grande il lievito madre, il latte e la farina. Coprite e lasciate a temperatura ambiente per 2 o 3 ore a seconda della temperatura. Non aspettatevi che si gonfi molto... lui sa quello che deve fare.
Al termine del riposo sbattete in un'altra ciotola zucchero, olio, aromi, sale, bicarbonato. La miscela sarà  leggermente granulosa. Aggiungete l'uovo incorporandolo bene. 
Combinate questa miscela con il lievito: all'inizio sarà un "blob" poco convincente, ma piano piano l'impasto diventerà omogeneo e liscio. Aggiungete le albicocche secche a pezzettini e l'uvetta, precedentemente infarinati altrimenti andranno giù. Cuocete in forno preriscaltato a 180 gradi per 40 minuti almeno, facendo la prova stecchino dopo questo tempo (il colore è traditore).

Gaufrettes fiamminghe al caramello

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Inizia la stagione delle gaufres ed eccole qua, stavolta nella versione ripiena al caramello. Meglio note come gaufrettes fines à la cassonade o stroopwafels nella versione olandese alla melassa, per essere a regola d'arte avrebbero bisogno di una piastra speciale, quella con le fossette piccole piccole a rete, oppure il ferro per pizzelle che si usa in Italia per qualche preparazione del genere. Non avendo né l'uno né l'altro ho iniziato a farle, in attesa di meglio, con la solita piastra delle Herzwaffeln e col tempo sono riuscita a capire come arrivare al risultato che mi serviva anche con strumenti meno ortodossi.
Io preparo queste cialde con il lievito madre per riciclarlo, ma vi dico anche come farle con il lievito di birra. Se non volete farcirle vi conviene aumentare la quantità dello zucchero a 50 grammi o anche più, perché così la pasta non è molto dolce, proprio perché a quell'aspetto lì ci pensa il ripieno!

  • 250 g. di farina;
  • 50 g. di latte;
  • 1 grosso uovo;
  • 15 g. di lievito di birra (20 se avete fretta, ma personalmente preferisco attendere un po' di più e ottenere cialde più digeribili e senza il sentore del lievito)
  •  zucchero vanigliato a piacere;
  • 20 g. di zucchero;
  • 65 g. di burro.
oppure:
  • 150 g. di farina;
  • 100 g. di lievito madre rinfrescato (40 g. con 40 g. di farina e 20 di acqua) 
 ... e il resto come sopra.

Impastate gli ingredienti in una pasta morbida che lascerete da parte per 3 ore (con il lievito di birra) e per 5-6 ore (con il lievito madre). Poco prima del termine del riposo preparate il ripieno:
  • 85 g. di zucchero di canna scuro (cassonade) tipo Mascobado, o di zucchero grezzo di barbabietola (vergeoise);
  • 85 g. di zucchero normale, meglio se a velo;
  • 85 g di burro.
  • 1 presa di semi di vaniglia;
  • un pizzico di sale;
  • un cucchiaio di rhum bruno.
Riscaldate lo zucchero con un cucchiaio d'acqua perché si sciolga. Quando arriva a bollore,  ritirate dal fornello e aggiungete gradatamente il burro, la vaniglia e il sale. Amalgamate bene e terminate con il rhum.
Per le cialde, formate con l'impasto delle palline della dimensione di una noce e lasciatele riposare intanto che si riscalda il gaufrier. Sistematene due o tre per volta negli alloggiamenti della piastra, richiudete e pressate bene perché le cialde riescano sottili. Quando saranno ben dorate, tiratele fuori e tagliatele orizzontalmente con un coltello senza aprirle del tutto. Lasciate cadere un po' di farcia al caramello e richiudete (motivo per cui non è possibile cuocere più di due o tre pezzi per volta; vanno tagliate calde, il che vi farà dire qualche parolaccia, perché altrimenti riesce più complicato separarle in due metà dallo spessore uniforme). Il caramello raffreddandosi si addenserà, pur restando morbido.
Rifilate i bordi e fateli fuori in altri modi, operazione divertentissima.

Per la cronaca, ho provato una versione mediterranea farcendo le cialdine di cotognata, e non so cosa ne pensino i fiamminghi ma secondo me ci fanno la loro porca figura.

Wismaraner

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Se qualcuno andasse a Wismar... graziosa città del nord della Germania e patrimonio dell'Unesco, non si perda il Café Glücklich. Una trouvaille: non vi descrivo la meraviglia di dolci fatti in casa, con il sapore delle cose semplici e "fatte bene" e nemmeno la simpatia di chi ci lavora.
Dopo un paio di giorni da turisti siamo rimasti dipendenti dai biscottini che in questo posto servono con le bevande. Nessuna particolare creazione, semplice pasta da ciambella al cioccolato in piniporzioni, ma... buoni!!! che fanno sentire glücklich, ovverossia davvero contenti, nel vero senso della parola. Ci mancavano tanto che... eccoli taroccati. Se volete cuocere l'impasto a uso torta o ciambella, vista la noia dell'operazione di riempimento dei pirottini, mica lo impedisce nessuno; ma questi piccoli Wismaraner, come li chiamiamo noi da quella volta, sono così carini accanto a una tazza di... qualcosa, che vi faranno voler bene dagli ospiti.
  • 120 g. di burro morbido;
  • 120 g. di farina 00;
  • 120 g. di zucchero;
  • 4 cucchiai di latte;
  • 2 uova M;
  • un pizzico di sale;
  • 50 g. di cacao al 100% (qui Valrhona, costa come polvere d'oro, ma c'è un perché)
  • mezzo cucchiaino di caffé macinato (non si sente, ma aiuta il lato cioccolatoso della situazione)
  • 12 g. di lievito per dolci.
Sbattete a schiuma uova e zucchero. Quando la massa è ben montata agigungete gradatamente il burro alternando con la farina setacciata col lievito, il cacao misto al caffé e il latte.
Lasciate riposare l'impasto per almeno un'ora a temperatura ambiente o una notte in frigo. Riempite piccoli pirottini da pralina con 1-2 cucchiaini di impasto ("giusto una macchia", diceva la ragazza del locale a Wismar, a me verrebbe da dire, "uno sputo", non fosse che non si addice al luogo) e cuocete a 180 gradi per circa 15-20 minuti. 

Tarte soufflée alle castagne e pere

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Sapore d'autunno brandeburghese concentrato. Ricetta mia dopo confronto tra idee di Régis Marcon e Pierre Hermé che o per un motivo o per un altro non mi convincevano. Chi sono io per dire che un'idea di Hermé non mi convince? Nessuno. Ma a parte la mia natura aliena dai culti delle personalità... a tavola tutti i gusti son gusti. E questa tarte souffléeè una roba da paura, provare per credere.
Ingredienti per uno stampo da pie (quello con le pareti svasate) da 22 cm (diametro superiore, si capisce)
  • Una dose di pasta brisée come spiegato qui, preparata il giorno prima o lasciata riposare in frigo per almeno due ore;
  • 250 g. di crema di castagne (ricetta sotto);
  • 2 uova, separate;
  • 10 g. di burro;
  • 50 g. di zucchero;
  • 2 pere medie;
  • 1 cucchiaio di zucchero di canna bruno.
 Per la crema di castagne:
  • 200 g. di marroni cotti sottovuoto;
  • 100 g. di latte;
  • 50 g. di zucchero;
  • semi di vaniglia;
  • una grattatina di fava Tonka*;
  • un cucchiaio di rhum;
  • 20 g. di cacao amaro.
Cuocete i marroni nel latte con il resto degli ingredienti, tranne il rhum; riducete in purée con il frullatore ad immersione ed aggiungete il rhum alla fine. Lasciate intiepidire.
Foderate con la pasta brisée lo stampo e pre-cuocetelo vuoto a 200 gradi, coperto da un foglio di stagnola e con i pesetti o i fagioli (importantissimo). Dopo il primo quarto d'ora controllate ogni 2 minuti per capire se è abbastanza asciutto: Quando la stagnola si solleverà senza appiccicarsi, toglietela, riducete la temperatura a 180 e continuate per 5 minuti ancora.
Lasciate intiepidire pure quello... e preparate intanto la guarnizione. 
Caramellate le pere a fettine con 1 cucchiaino di burro e lo zucchero di canna. Mettete da parte. Montate tuorli con metà dello zucchero e gli albumi a parte, aggiungendo quando saranno già spumosi il resto dello zucchero per "fermare" la meringa.
Incorporate a 250 g. della crema di castagne i 10 g. di burro fuso e poi unite i tuorli montati. La crema di castagne dev'esser tiepida perché la miscela riesca bene, se necessario riscaldatela leggermente al microonde. Aggiungete gli albumi e riempite infine il guscio di pasta. Disponete sulla crema le pere caramellate a raggiera, spolverate con ancora un po' di zucchero di canna e cuocete a 180 gradi per 20-30 minuti; la parte centrale dev'essere ancora tremolante. Servite così com'è oppure accompagnata da panna montata, crema alla vaniglia o liquore zabaione.

*La fava Tonka ha un gusto indescrivibile tra la mandorla e la vaniglia. Si trova per fortuna anche in piccole confezioni, perché se no costerebbe una barca di soldi; se ne usa pochissima, grattugiandola come si fa per la noce moscata. Sostituirla? In teoria si può, ma il dolce perde una nota molto caratteristica.

Damien alle mele e pere (da una ricetta di Christophe Felder)

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Christophe Felder ha reso noto al mondo, col nome di Damien, un dolce di pasta frolla al cioccolato ripieno di composta di mele e di una crema alla mandorla. A me sembrava un po' azzardato, come accoppiamento, ma in realtà ha il suo perché, il risultato è delizioso. L'originale lo trovate nel suo libro Mes 100 recettes de chocolat, questa è la versione in cui lo preparo io, che se ne discosta perché... uno, ci sono le pere al posto delle mele, due, il quantitativo di burro nel ripieno è leggermente ridotto, tre, l'originale prevede monoporzioni per le quali mi manca la pazienza, e quindi io il Damien lo preparo in forma di torta (non sono di francese raffinatezza,  vado al sodo: vuoi mettere la soddisfazione di fare il bis?).
La pasta frolla tornerà molto utile a chi ami le crostate chiuse: si lavora molto bene, si lascia adattare a qualsiasi forma e non si rompe in cottura, pur restando ben "sabbiosa" e friabile. 
Dosi per un dolce da 22 cm. (vi resterà della frolla per biscottini, specie se non volete il bordo alto come nella foto).

Base di pasta sablée di Christophe Felder:
  • Burro morbido, 125 g.;
  • Zucchero a velo, 75 g.;
  • Nocciole tostate e macinate fini, 25 g.
  • 1 Uovo M;
  • Vaniglia (estratto liquido), 1 cucchiaino; o semi di vaniglia, una presa;
  • Un pizzico di sale;
  • Farina 00 (#405), 200 g.;
  • Cacao amaro, 10 g. (così Felder; io trovo che 15 sia meglio, togliendo un cucchiaino di farina).
Partire da burro e zucchero da montare a crema; aggiungere l'uovo, la vaniglia, la farina di nocciole e la farina setacciata col cacao. Mettere in frigo per un'ora.

Composta di mele e pere:
  • 1 mela Boskoop + 3 pere medie;
  • Zucchero, 60 g.;
  • Burro, 30 g.
  • Un cucchiaio scarso di amido di mais sciolto in mezza tazzina di Marsala o passito.
Se preparate il Damien solo con le mele, vi servirà più zucchero e burro; Felder indica 50 grammi di burro e 150 di zucchero. E niente amido, per via della pectina delle mele. Le pere sono molto più dolci ed emetteranno molto succo, per cui bisogna operare di conseguenza.
. Per preparare la composta fate caramellare lo zucchero con il burro, e appena si sarà sciolto aggiungete la frutta a pezzetti; lasciate ammorbidire. Se usate pere, aggiungete alla fine della cottura l'amido. Lasciate raffreddare scoperto.

Crema:
  • Un uovo M;
  • Farina di mandorle, 20 g.;
  • Farina, 20 g.;
  • Zucchero, 40 g.;
  • Burro, 40 g.;
  • Vaniglia, estratto liquido (1 cucchiaino) o semi (punta di coltello)
E questa è facilissima perché si lavora tutto insieme: prima burro e zucchero, poi l' uovo, e infine la farina mista alle mandorle e la vaniglia.

Dividete la pasta in due, stendete le due metà in sfoglie di circa mezzo centimetro di spessore e foderate con una di esse uno stampo del tipo spring-form. Versate prima la composta, e pi sopra alla composta la crema alla mandorla, Richiudete con la seconda sfoglia e divertitevi con i ritagli. Cuocete a 180 gradi per 30-35 minuti e spolverate di zucchero a velo alla fine della cottura.
Felder non lo dice ma io trovo che questa torta sia buonissima servita con il liquore allo zabaione...

    Apple-Crumble Pie stile Martha Stewart

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    Dolce 2014 a tutti! Di ritorno dall'Italia con un bel po' di ricette in arretrato, direi d'iniziare l'anno nuovo con una friabile e cremosa torta di mele semplicissima da realizzare e ispirata a una ricetta di Martha Stewart apparsa su Living. La difficoltà maggiore consiste nel far cuocere la base a parte, se volete che sia friabile come si deve. 
    La pasta brisée è la mia solita (mia, ok, della Williams-Sonoma, la ricetta è qui); preparatene una dose per sola base, da precuocere in stampo da 26 cm. per un quarto d'ora (200 gradi per i primi dieci minuti, 180 per i successivi, controllando). Lasciare intiepidire e procedere con il resto del lavoro.

    Ripieno: 
    • Zucchero semolato, 180 g.;
    • Farina 00, 40 g.;
    • Uova M, 2;
    • Panna acida, 250 g.;
    • Un pizzico di sale;
    • Semi di vaniglia o una bustina di zucchero con vaniglia (va bene vanillina? noooooo!);
    • 3 grosse mele Golden (se preferite un risultato più dolce) o Boskoop (per un gusto più acidulo, come piace a me)
    Sbucciate le mele e tagliatele a fettine. Frullate insieme zucchero, uova, panna e incorporate la farina, il sale e gli aromi; alla fine unite le mele così come capita. Versate il composto sul guscio di pasta precotto e ricoprite con lo Streusel... ops, volevo dire il crumble, nella versione americana: briciole che otterrete lavorando insieme
    • 50 g. di zucchero semolato;
    • 50 g. di zucchero di canna chiaro (Demerara fa al caso nostro);
    • 50 g. di farina;
    • un buon pizzico di sale;
    • mezzo cucchiaino di cannella in polvere;
    • un cucchiaio di noci tritate grossolanamente.
     Rimettete il dolce in forno e continuate la cottura a 180 g. per circa 40-45 minuti. 

    Pasticcini "choco-coco"

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    La bravissima Sandra Avital (Le Pétrin) mi ha fatto conoscere questi graziosi e non particolarmente complessi pasticcini che faranno felici gli amanti del celebre Bounty. La ricetta, dice, non è sua, ma in ogni caso merci a Sandra, che oltretutto ha foto molto più belle delle mie, ed eccola divulgata per le italiche cucine. 


    Base di biscotto al cioccolato:
    •  Cioccolato fondente almeno al 60%, 80 g.
    • Burro a temperatura ambiente, 80g.
    • Zucchero, 70g.
    • Uovo M, 1;
    • Farina 00 (#405), 150g;
    • Cacao amaro, 2 cucchiai.
    Il forno lo riscaldiamo a 180 gradi. Preparare una teglia rettangolare da 12x22 cm. o una quadrata da 22 cm. e foderarla di cartaforno. Per un risultato più sottile usate una teglia da 16x26 cm.
    Fate fondere il cioccolato a bagnomaria e mettete da parte. Intanto che si intiepidisce lavorate a crema il burro a pezzetti. Aggiungete lo zucchero continuando a montare, poi il cioccolato fuso e l'uovo leggermente sbattuto. Setacciate direttamente sulla crema la farina e il cacao e mescolate finché la pasta sarà omogenea. Tenete conto che comunque resterà spessa e granulosa. Versatela nella teglia e pressatela con le mani a uno spessore il più uniforme possibile. Infornate e cuocete circa 15 minuti, finché la pasta sarà solida al tocco. Mettete da parte.

    Ripieno al cocco:
    • Cocco râpé, 200g. (225 nell'originale; io trovo il cocco in buste da 200 g. e mi va bene così);
    • Latte condensato zuccherato, 400 g.;
    • Uova M, 2.
    Sbattere sommariamente le uova e aggiungere il latte condensato e in ultimo il cocco. Ottenuta una crema omogenea, versatela sulla base di biscotto cotta. Infornate e lasciate cuocere 25 minuti, finché la crema non diventa leggermente dorata.

    Glassa al cioccolato:
    • Burro, 50 g.;
    • Cioccolato fondente al 60%, 150 g.
    Fate fondere il burro a calore moderato, aggiungete il cioccolato grossolanamente spezzettato fino a che la miscela sarà liscia e lucente. Versate sul dolce e lisciate con una spatola. Mettete in frigo e lasciate solidificare almeno per mezz'ora prima di tagliarlo a cubetti. Siccome piccole porzioni sono già più che soddisfacenti, ne otterrete molte e questa ricetta vi tornerà utile in caso di buffets e feste (infatti la foto si riferisce all'annuale festa natalizia con i colleghi di Herr Doktor-Doktor).

    L'indefinibile ma imprescindibile pasta kouroù per rosticceria greca

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    È da quest'estate che cerco disperatamente di capire quale possa essere l'equivalente della zyme kouroù, che è l'impasto che i Greci usano per molti dei loro sformati salati o per la piccola "rosticceria".  I ripieni tradizionali per queste preparazioni sono verdure (spinaci o bietole; si chiamano allora lakhanopitakia o khortopitakia) o feta, aneto, menta e uovo per legare (tyropitakia). L'aspetto della pasta potete intuirlo dalla foto del pezzetto che ho staccato dai calzoncini ai cardi e feta che avevo preparato io. 

    Non è pasta phyllo e non è brisée, anche se somiglia; non è brioche, come quella della rosticceria siciliana; non è frolla, anche se con la frolla condivide qualche caratteristica, e insomma a che diavolo corrisponde? Sembra una frolla lievitata, senza uovo. Ci eravamo procurati un po' di "pezzi" per la cena in traghetto durante il viaggio di ritorno, guardati in faccia e detto: troppo buona, non possiamo aspettare l'anno prossimo... Dato che la documentazione in materia non rientra negli interessi di Herr Doktor-Doktor (il quale mangia, ma non cucina), chiaro chi dovesse occuparsene.
    Bene, se il problema traduzione non era semplice, si è rivelato in compenso facilissimo reperire la ricetta. Mi pare di capire che esistono molte varianti familiari, ma confrontando varie versioni sono arrivata subito al risultato che desideravo, finalizzato a far parte del cenoncino a due di Capodanno (e non di San Silvestro, giornata dedicata al viaggio di ritorno dall'Italia a casa).
    Questa pasta è ottima per preparazioni tipo calzone, torte salate o sformati chiusi. Chissà perché, trovo la ricetta molto facile da imparare a memoria (risparmio tempo, niente ditate sullo schermo dell'I-Pad visto che ormai il mio ricettario è qui, etc.).
    • Farina per tutti gli usi (0/#550), 275 g. ;
    • Yoghurt greco colato, 125 g.;
    • Olio dal sapore neutro, 100 g.;
    • Lievito per dolci, 1/2 bustina (pesare); oppure 1 cucchiaino di lievito per dolci+1 g. di lievito di birra secco o la punta di un cucchiaino di lievito secco sciolto in un po' d'acqua;
    • Margarina a temperatura ambiente, 1/2 cucchiaio;
    • Un pizzico di sale.
    Si impastano tutti gli ingredienti a partire dalla farina a fontana. La pasta dev'esser morbida e non appiccicosa; se necessario aggiungete un po' di yoghurt o di farina a cucchiaini. Procedete con la  preparazione scelta e lasciatela riposare un'ora se avete usato il lievito di birra prima di cuocere (180 gradi per un tempo che ovviamente dipende da quello che preparate; i calzoni si cuociono in circa 20-25 minuti).

    Torta Angelica (a lievitazione naturale) alla crema d'arancia

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    La celebre Angelica delle sorelle Simili declinata in una variante natalizia alla crema d'arancia. La ricetta della base non dirà molto agli appassionati della pasta madre, perché in rete è nota, e io devo a Valentina il risparmio della fatica di operare le necessarie conversioni. L'accoppiata con la crema d'arancia, senza latte e più simile al genere curd, invece, è venuta in mente a me per una cena tra colleghi e da quella volta l'ho ripetuta diverse volte. L'enorme Angelica ha sostituito, questo Natale, il panettone: in Italia non si può fare, troppo imprevedibilmente "birichini" i familiari in cucina, capacissimi di aprire finestre mentre l'impasto lievitava o il forno mentre aveva appena iniziato a cuocere... meglio andare sul sicuro!
    (Poi, nella pace della mia casetta brandeburghese, ho preparato il pandoro, che però quest'anno mi ha tirato un tiro mancino, e ancora non ho capito perché; per la prima volta nella storia era più simile a un Kugelhupf... Aspetto consolante, ma la delusione rimane! Direbbero gli anziani, questo il Bambinello fu... non mi sono fidata dell'affidabilità del contributo di padre e madre, e poi ho preso la fregatura pure cucinando da sola!).
    Iniziate il lavoro la sera perché la pasta ha bisogno di lievitare per una notte.

    Pasta:
    • Lievito madre rinfrescato e attivo, sciolto in
    • Latte tiepido, 120 g., con
    • Zucchero, 75 g.;
    Aggiungere questa miscela a
    • Farina, 400 g. (tipo 0/#550 o metà 0 e metà Manitoba);
    • Tuorli d'uovo M, 3;
    • Vaniglia, semi di una bacca;
     e impastare con il gancio; versare piano
    • Burro fuso, 100 g.;
    e portare a incordatura; terminare con un pizzico di sale.
    Lasciate lievitare per una notte, ma preparate anche la crema; sarà necessario che sia fredda e ben rappresa. Ho letto in giro molte lagne sulla possibilità di farcire l'Angelica di crema, perché questo comprometterebbe la cottura, ma questo succede in caso di creme al latte o molto fluide; l'orange curd o questo suo "parente" che preparo io evitano questo inconveniente. Se volete essere proprio sicuri usate la fecola al posto dell'amido, come suggerisce Luca Montersino per le creme cotte.

    Crema:
    • Succo d'arancia spremuto fresco, 300 ml.;
    • Buccia grattugiata di due arance;
    • Zucchero semolato, 100 g.;
    • Burro, 35 g.;
    • Un tuorlo d'uovo (l'albume servirà per la glassa);
    • Amido di mais o fecola, 35 g.;
    • Vaniglia;
    • Liquore all'arancia, 2 cucchiai.
    Sciogliere l'amido con la frusta a mano in una piccola quantità del succo d'arancia. Aggiungere lo zucchero, la buccia, la vaniglia e  l'uovo, diluendo gradatamente con il resto del succo. Con questo procedimento non dovrebbero risultare grumi... altrimenti col mixer a immersione si risolve il problema. Fare addensare a calore moderato, aggiungendo in questa fase il burro. Alla fine profumare col liquore e lasciare raffreddare completamente prima di usare.
    Utilizzate questa crema l'indomani per farcire l'Angelica: stendete la pasta in un grande rettangolo (1/2 cm. circa di spessore), spalmate il ripieno, completate a piacere con
    • Uvetta passa, 1 cucchiaio;
    • Canditi d'arancia, 1 cucchiaio;
    e avvolgete a rotolo; con un coltello affilato tagliate il rotolo per il lungo in due metà (procedimento "sporchevolissimo" per via della farcitura, ma non impossibile)  lasciandole attaccate a un'estremità e avvolgete a treccia, chiudendola poi a ciambella. Lasciate lievitare fino a raddoppio e cuocete a 180 gradi er circa 35-40 minuti (se si colora troppo coprite con stagnola; è importante che l'interno si cuocia bene). Appena il dolce è pronto va spennellato ancora caldo con la glassa; le sorelle Simili indicano due varianti, quella trasparente e quella opaca, tutte e due a base di chiara d'uovo e zucchero a velo; perla prima versione ne basteranno 4 cucchiai per l'albume messo da parte, per la seconda 150 g.; personalmente preferisco partire dalla base trasparente e ispessire poi una piccola quantità di glassa per fare dei decori).

    Coeur coulant al caffé

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    I tortini-sorpresa, dal cuore morbido, sono forse più noti nella versione al cioccolato (io la preparo così).  Ma anche al caffé si fanno rispettare, e come! Specialmente se li accompagnate con uno zabaione, o con una crema inglese leggera (mi riferisco alla consistenza, parlando di crema inglese la parola leggero suona strana). Soprattutto sono rapidi, e li potete preparare anche in fase calante quanto a energie da spendere in cucina. Per esempio quando arrivate a casa la sera di San Silvestro con bagagli e simili dopo una giornata di viaggio e pensate: voglia di cucinare saltami addosso, i ristoranti tutto prenotato da luglio, ma senza zucchero a Capodanno senza zucchero tutto l'anno... rischiamo?
    No, non rischiamo, rispolveriamo il coeur coulant. E lo volevo proprio in questa versione, dato che dopo le vacanze natalizie, tra Germania e Italia, avevamo nelle vene cioccolato fuso al posto del sangue. 
    Questa è la ricetta che uso per 4 tortini, dimezzare per le cene romantiche:
    • Burro, 120 g.;
    • Farina 00 (#405), 120 g.;
    • Zucchero di canna (Demerara), 110 g.;
    • 2 cucchiai di caffé in polvere solubile;
    • 2 uova;
    • Un cucchiaino di zucchero con vaniglia (io lo compro in barattolino, ormai si è capito...).
    Se avete il caffé solubile in bustine monoporzione è pure meglio, usatene due. Preriscaldate il forno a 200 gradi. Montate uova e zucchero, compreso quello vanigliato; la massa sarà meno aerea che con lo zucchero bianco, ma va bene così. Aggiungete il caffé, il burro fuso e intiepidito e la farina. Versate in quattro piccoli ramequins monoporzione e via in forno per un massimo di dieci minuti. Il centro dev'essere cotto solo all'esterno, quindi ancora tremolante se muovete gli stampini. Serviteli subito, con o senza crema di accompagnamento; anche da soli sono buonissimi.

    Zimtsternen, un classico natalizio

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    In ritardo e quindi fuori stagione, un classico della biscotteria natalizia tedesca. Mettete la glassa in strato un po' più sottile di come ho fatto io stavolta, perché è fragile; ma vi ripagherà perché si scioglie in bocca, niente a vedere con i biscotti comprati. Gli Zimtsternen hanno la tradizionale forma a stella e sono fatti praticamente di nocciole, mandorle e albume, più ovviamente lo zucchero. Si mantengono teneri e non contengono farina, per cui vanno benissimo per i celiaci, con un piccolo accorgimento che vi dico tra poco.
    Dunque (badate che ne vengon fuori tante, di stelline!):
    • Mandorle macinate, con la buccia, 125 g.;
    • Nocciole macinate, 125 g.;
    • Cannella, 6 g.;
    • Un pizzico di sale;
    • Albumi, 100 g.;
    • Zucchero, 25 g.;
    • Zucchero a velo, 300 g.;
    • Acqua, 85 g.
    • Vaniglia e buccia di limone per aromatizzare.
    Montate gli albumi a neve con lo zucchero, quello "normale". Mettete da parte. Nel frattempo portate l'acqua e lo zucchero a velo a 116 gradi; poco dopo l'ebollizione ci siamo, se non avete il termometro (ma se ce l'avete tiratelo fuori perché è meglio). Versate lo sciroppo (caldo) sugli albumi continuando a montare finché non si raffreddano; ecco la meringa all'italiana. Probabilmente ve ne resterà; io la uso per glassare altri pasticcini, precisamente i buccellati, e torna utilissima perché si può pure conservare in frigo fino all'indomani.
    Prelevate 2/3 della meringa e mescolatevi tutti gli ingredienti asciutti aromi compresi. La dose dell'albume è così, indicativa, in tutte le ricette; andateci leggeri all'inizio ed ammorbidite l'impasto in caso di bisogno, per evitare di dover aggiungere altre mandorle.
    A questo punto conviene stendere la massa, che è appiccicosa in modo bestiale, su una superficie unta o su carta forno e mettere in frigo per un paio d'ore. Diventerà più compatta e si lascerà ritagliare più facilmente con lo stampino a stella, da intingere volta per volta in acqua zuccherata. Prima di ritagliare i biscotti, spalmate l'impasto con la meringa messa da parte.
    Tutto questo lavoro si può fare anche subito, ma allora sarà conveniente piazzare ogni stellina su una piccola ostia da pasticceria. L'accorgimento pro-celiachia consiste per l'appunto nell'evitare  questo passaggio raffreddando preventivamente l'impasto.
    Cuocete subito le stelline a 180 gradi: saranno pronte quando la meringa comincia appena a colorirsi.

    Crema spalmabile ai petit-beurre

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    No che non è la classica Nutella, ma a colazione e merenda può farvi più che felici, questa crema al delicato gusto di biscotto. Devo la scoperta a Claire di Pause Café: come sempre, mille fois merci!
    Tra l'altro sono cinque minuti esatti, per la preparazione, più uno per frullare, stop: non ci sono scuse... Prossimamente vorrei fare un esperimento e capire come riesce al cioccolato.
    Un vasetto di crema:
    • 125 g. di biscotti tipo Oro-Saiwa;
    • 200 g. di latte condensato non zuccherato;
    • un cucchiaino di miele, a piacere.
    Riscaldate il latte condensato in un pentolino, con il miele. Nel frattempo sbriciolate i biscotti, anche grossolanamente; si scioglieranno. Mescolate le briciole al latte caldo, togliete dal fornello e lasciate ammorbidire, mescolando. Per completare frullate la crema con il minipimer. questo la renderà perfettamente omogenea. Si conserva in frigo.
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